A Trieste 2mila statali in attesa del contratto
TRIESTE La carica dei 2000. Da nove anni i duemila statali triestini, come del resto i loro colleghi a livello nazionale, attendono il rinnovo di un contratto fermo alla stagione 2008-9. In realtà, oltre a un ritocco stipendiale previsto in 85 euro lordi al mese (circa 65 netti), attendono anche un congruo rinforzo di personale.
«Dieci anni fa - ricorda Davide Volpe, esponente della Cisl - eravamo in 2500. Abbiamo perso il 20% della forza lavoro e ogni anno decine di colleghi vanno in pensione». Denuncia e preoccupazione condivisi da Carmela Sterrentino, sindacalista della Cgil: «L’età media degli statali triestini supera i 50 anni e in alcuni uffici arriva a quota 54. Manca il turn over, c’è meno gente ma non c’è meno lavoro». Dagli uffici giudiziari al personale museale finoalle pratiche previdenziali: un cahier de doleance fitto di appunti.
La platea degli statali rappresenta per Trieste una voce occupazionale storicamente rilevante: i “ministeriali” della Giustizia, degli Interni, della Difesa, dell’Economia e Finanze, delle Infrastrutture, dei Beni Culturali; le agenzie fiscali come Dogane, Demanio, Entrate; gli enti pubblici non economici come Inps e Inail. Si tratta spesso di servizi “sportello”, che implicano, dal punto di vista sociale ed economico, delicati rapporti con l’utenza. Strutture pubbliche che comunque non esauriscono il vasto mondo del pubblico impiego: non vi sono compresi gli uomini in divisa e gli insegnanti, senza contare la sanità e gli enti locali.
Nel giro di qualche mese, perlomeno sotto il profilo salariale, le cose potrebbero finalmente prendere una piega meno amara: a Roma entreranno nel vivo le trattative sul rinnovo contrattuale tra Aran e sindacati, dovrebbe essere imminente il disco verde del Mef alla direttiva della Funzione Pubblica. Punto di arrivo di un percorso negoziale, ancora cosparso di numerose ragioni di frizione, sarà la prossima legge di bilancio: l’operazione, dopo otto anni di congelamento collegato alla situazione emergenziale dei nostri conti pubblici, potrebbe richiedere - considerando anche turn over e promozioni bloccate dalla “spending review” - l’impiego di 5 miliardi di euro. Un aspetto importante - sottolineato da Volpe e dalla Sterrentino - riguarda l’armonizzazione dei contratti del settore, che scenderanno da 11 a 4.
A Volpe piace azzardare una simulazione relativa agli effetti e alle ricadute che l’agognato aumento delle paghe statali potrà avere sul territorio triestino. «Se al netto lo statale si troverà in busta paga più o meno 65 euro in più al mese - calcola il sindacalista cislino - possiamo stimare, comprendendo le tredicesime, un flusso di 1,7 milioni annui. È ragionevole pensare che gran parte di questa risorsa potenziale privilegi i consumi rispetto al risparmio. Ecco allora che il miglioramento stipendiale dei duemila statali triestini diventa un asset per la realtà economica».
Ma la discussione, che ferverà nella Capitale, riguarderà anche la destinazione dell’aumento: sarà “tabellare” - ovvero insisterà sulle parti fisse della paga - oppure si connetterà con la produttività e con i risultati effettivamente conseguiti da uffici e lavoratori?
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