A Srebrenica l’Onu fornì la benzina a camion e ruspe serbe

Nuove rivelazioni da documenti desecretati svelate sul domenicale The Observer. La Cia seguì tutto in diretta

TRIESTE. C’è odore di morte che aleggia su Srebrenica. Un tanfo stagnante da 20 anni, quando proprio qui l’Occidente scrisse una delle pagine più atroci dopo la Seconda Guerra mondiale. E che l’Occidente avesse le sue colpe era risaputo. Tanto che l’Olanda, a cui apparteneva il contingente dei caschi blu dell’Onu che lasciò entrare i serbo-bosniaci del generale Ratko Mladic nell’enclave, è stata condannata dal Tribunale internazionale. Oggi, a pochi giorni dalla solenne commemorazione dell’eccidio con i suoi 8mila morti (11 luglio), nuove rivelazioni avvalorano tutta la colpa delle potenze occidentali dimostrando ancora una volta quanto la ragion di stato se ne infischi della vita di innocenti.

La Serbia arresta i carnefici di Srebrenica
Una donna davanti al memoriale di Srebrenica

Occidente che si voltava dall’altra parte e con l’Onu, che - viene rivelato per la prima volta - fornì 30.000 litri di benzina per i camion usati dalle truppe di Mladi„ per trasportare le vittime nei campi di morte e dai buldozer per celare i copri in fosse comuni. È parte di quanto emegre da un lungo approfondimento pubblicato ieri dal domenicale britannico The Observer sulla base di alcuni documenti declassificati da cui emergono gravissime responsabilità dei governi dell’epoca di Usa, Francia e Gran Bretagna e dell’Onu che in nome della realpolitik di fatto preferirono sacrificare, o quanto meno non impedire il massacro di Srebrenica. Il tutto pur di raggiungere un accordo di pace. Come avvenne puntualmente 4 mesi dopo, a novembre del 1995, a Dayton in Ohio, e poi il 14 dicembre a Parigi, poenendo fine a 3 anni e mezzo di guerra in Bosnia.

Secondo quanto scrivono Florence Hartman (autrice del libro “Il sangue della realpolitik, il caso Srebrenica” e Ed Vulliamy dell’Observer) «lo studio della massa di prove (esistenti) rivela che la caduta di Srebrenica era parte di una politica delle tre grandi potenze, Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti e dei vertici Onu per la ricerca ad ogni costo della pace».

Strage di Srebrenica, Olanda colpevole

Secondo gli autore le «non si può affermare che le potenze occidentali, i cui negoziati portarono alla caduta di Srebrenica, fossero a conoscenza dall’entità del massacro che sarebbe seguito, ma le prove dimostrano che erano a conoscenza dell’intenzione esplicita di Mladic di «far scomparie completamente» la popolazione bosniaca musulmana dall’intera regione». Come sapevano, sottoline il domenicale, dell’esistenza della cosiddetta «direttiva 7» dell’esercito serbo bosniaco che ordinava «la permanente rimozione (termine piuttosto chiaro che ricorda la soluzione finale di epoca nazista)» dei musulmani bosniaci dalle aree protette come era definita, tra le altre, Srebrenica.

Aree protette dall’Onu (oltre Srebrenica, Zepa e Gorazde) che il diplomatico Usa Robert Frasure, riferì al suo capo a Washington, Robert Lake (Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Bill Clinton dal 1993 al 1997) che Slobodan Milosevic (l’allora presidente serbo poi morto in cella all’Aja), «non avrebbe mai accettato in una mappa nell’accordo di pace senza che queste (dove si rifugiavano i bonsiaci musulmani) non fossero cedute ai serbi (nemici dichiarati dei primi)».

Il massacro di Srebrenica diventa un videogame

Lake - scrive l’Observer - si dichiarò a favore di una mappa rivista in cui Srebrenica fosse ceduta (ai serbo-bonsici), spingendo i caschi blu olandesi dell’Onu «a ritirarsi da posizioni vulnerabili», ossia dalle aree che avrebbero dovuto proteggere. Lake, oggi direttore generale dell’Unicef, l’agenzia Onu in difesa dell’infanzia, «si rammarica» scrive l’Observer, di «non poter dire nulla (su Sreberenica) fino a quando coprirà» l’attuale incarico.

E mentre i massacri procedevano a tutta potenzà(il grosso durò dall’11 al 13 luglio) i negoziatori occidentali incontrarono sia Mladic che Miloševic senza mai sollevare il problema della carneficina in corso anche se cablogrammi declassificati Usa dimostrano che la Cia stava assistendo quasi in diretta alla strage dai loro uffici di Vienna attraverso i satelliti e dagli aerei spia. Tutte informazioni «immediatamente» condivise con gli alleati. E a Srebrenica resta la puzza di morte.

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