A Santa Maria Maggiore ritornano i francescani
di Fabio Dorigo
Francescani che vanno e francescani che vengono. Nel 2001 quelli della provincia veneta di Sant’Antonio si ritirarono da Santa Maria Maggiore, la chiesa di Trieste legata storicamente alla Compagnia di Gesù (i padri gesuiti arrivarono nel 1619). I francescani di Sant’Antonio «mantennero la cura d’anime per ottant’anni» si legge sulla scheda pubblicata sul sito della Diocesi di Trieste. Arrivarono, infatti, in città nel 1922 chiamati dal vescovo Angelo Bartolomasi, mosso dalla scarsità di sacerdoti diocesani. Il 17 settembre 2001 la chiesa fu restituita al clero diocesano. Undici anni dopo, il vescovo Giampaolo Crepaldi, per imperscrutabili motivi, ha deciso di riconsegnare quasi in segreto Santa Maria Maggiore ad altri francescani. E che francescani. Sono i francescani dell’Immacolata provenienti dalla basilica Pontificia di Santa Maria Maggiore di Roma. «Domenica 9 ottobre 2011 (alle 10) presso la Chiesa di Santa Maria Maggiore in Trieste, l’Arcivescovo monsignor Giampaolo Crepaldi presenterà alla parrocchia la nuova comunità di religiosi e religiose che avrà cura della parrocchia stessa», recita il comunicato dell’ufficio stampa della Diocesi di Trieste. Nella chiesa barocca non c’è traccia di questo solenne passaggio di consegne. Neppure uno striminzito avviso tra gli svariati affissi in bacheca. L’unica conferma arriva dal parroco, don Giovanni Angeli. «Sì è vero. Domenica ci sarà il vescovo a celebrare la messa». Non si sa ancora il nome del frate superiore che avrà la responsabilità di Santa Maria Maggiore. La Curia mantiene il più stretto riserbo. Alcuni religiosi sono qui da alcuni giorni. Ieri pomeriggio se ne poteva vedere uno assorto in preghiera tra i banchi di Santa Maria Maggiore. Facile da riconoscere per via del saio di bigello color grigio cenere con sfumatura di celeste.
Ma chi sono questi francescani dell’Immacolata? Non sono i francescani che uno si aspetta. È un Istituto religioso nato come movimento spirituale nel 1970 da Padre Stefano M. Manelli a Frigento (Avellino) con l'intento, ispirato dal Concilio Vaticano II, di vivere autenticamente la Regola di San Francesco di Assisi secondo l'ispirazione e l'esempio di San Massimiliano M. Kolbe morto ad Auschwitz. Giovanni Paolo II lo consacrò istituto di diritto diocesano nel 1990 nell'Arcidiocesi di Benevento (Italia). E nel 1998 è stato riconosciuto di diritto pontificio nel 1998.
I membri dell'Istituto, oltre ai voti di povertà, obbedienza e castità, professano il quarto voto o voto mariano. E, cosa non trascurabile, i frati e le suore vengono ordinati secondo il rito pre-conciliare e fanno uso dell’antico breviario. Officiano spesso le messe in latino con rito romano o con le spalle rivolte ai fedeli come si può vedere sulla loro “tvimmacolata” che trasmette sul web. Lo spettro della messa tridentina è quello che preoccupa di più per ora i fedeli di Santa Maria Maggiore. Costretti, magari, nella controriforma crepaldiana, a ripassarsi il latino prima di andare a messa.
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