A Ronchi la beffa finale, perso il bagaglio
di Luca Perrino
RONCHI DEI LEGIONARI
Undici mesi di prigionia e poi mezz’ora di fila per denunciare lo smarrimento del suo bagaglio. Che potrebbe essere a Roma o, addirittura, ancora a Dubai.
Il rientro a casa di Eugenio Bon è stato caratterizzato anche da questa “beffa”. All’aeroporto di Ronchi dei Legionari il marittimo triestino è arrivato a bordo del volo da Roma atterrato poco dopo le 18.30. La barba lunga, il berrettino di nave “Grecale” in testa, il viso scavato ed il maglione che gli è stato dato dalla Marina Militare. Ma con il sorriso in volto, raggiante di essere a casa e, ha detto, con un primo desiderio in testa: tagliarsi al più presto quella lunga e scomoda barba dai riflessi rossicci.
Bon risponde volentieri alle domande dei giornalisti. Ma chiede del suo bagaglio, un sacco in tela cucito dal nostromo, che a Fiumicino gli hanno assicurato che avrebbe trovato già allo scalo ronchese. Ma così non è.
I funzionari di Dogana, le forze dell’ordine ed il personale aeroportuale lo assistono ma la fila allo sportello “lost and found” è lunga. Solo dopo mezz’ora di fila, con gli amici che lo aspettano fuori, qualcuno si offre di lasciargli il passo. Così Bon può completare la sua inesorabile trafila burocratica.
Non appena si apre la porta della sala arrivi scoppia la festa e gli amici innalzano i cartelli con le scritte “Bentornato a casa” e “Libero finalmente”. Sorride, partecipa volentieri all’ “hip hip hurrà” che intonano gli amici ed agli stessi si rivolge con gli occhi che brillano: «Vi ringrazio tutti, sono felice. Adesso spero di rimettermi in forza e di tornare alla normalità. L’anno che mi sono lasciato alle spalle è stato davvero molto duro».
Eugenio Bon, come gli altri compagni, aveva saputo ben poco di quanto si stava facendo in Italia per la sua liberazione. «Eravamo all’oscuro di tutto – racconta – e soltanto in un’occasione il traduttore dei pirati ci ha fatto sapere che qui qualcosa si stava muovendo. Ecco perché il loro capo aveva poi pianificato il nostro intervento alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”. Era uno dei modi per tenere alta l’attenzione verso di loro e per cercare di trattare. Ma è così bello ora essere a casa».
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