A Ronchi decolla l’inedito asse antiveneto

TRIESTE. L’aeroporto di Ronchi dei Legionari impiega circa 140 dipendenti e, includendo l’indotto, si stima dia lavoro a un migliaio di persone. Numeri consistenti in una regione piccola come il Friuli Venezia Giulia. Ecco perché i sindacati non si limitano a stare con le mani in mano mentre il presidente Sergio Dressi e il suo omologo nella veneziana Save, Enrico Marchi, se le danno di santa ragione. Metaforicamente parlando. Nasce così un’inedita (e parziale) convergenza di opinioni fra le sigle regionali, ognuna con le sue peculiarità, e Dressi: «L’aeroporto non venga svenduto». Un cappello sotto il quale si affiancano posizioni diverse: le segreterie regionali sottolineano la necessità di inserire l’aeroporto in un hub più ampio senza sminuirlo, la Filt-Cgil di Gorizia condanna il fallito bando di privatizzazione e vuole la rapida realizzazione del polo intermodale, la Rsu dell’aeroporto chiede di «tutelare l’autonomia della società» e condanna l’operato del management.
Franco Belci, segretario di Cgil Fvg, la vede così: «Ovviamente la trattativa ha un rilievo pubblico sia per la natura proprietaria dello scalo, sia per il suo ruolo di servizio al territorio. Credo che ora la questione sia riprendere il discorso prescindendo dai toni impropri usati da Save. Se ci sono i presupposti per una trattativa seria bene, ma se i veneziani pensano di venire di acquistare in saldo l’aeroporto, noi non ci stiamo». A questo scopo, aggiunge, la politica deve prendere le redini: «Serve un indirizzo forte da parte della Regione, in fondo è l’azionista di maggioranza». Secondo Giovanni Fania di Cisl Fvg «dobbiamo difendere il territorio perché, si sa, i veneti tendono a vedere il Fvg come un protettorato». Ciò detto, aggiunge, «se Venezia accetta di trattare Ronchi con la dignità che merita, potrebbe trovarvi uno scalo importante per il nascente hub del Nordest. Se manca il rispetto allora è meglio tenere il nostro scalo, ridimensionando magari le sue ambizioni dal milione e 200mila passeggeri agli 850mila che registra ogni anno». In alternativa, spiega Fania, «la collaborazione con Lubiana e Fiume è una via che si potrebbe percorrere se ci fosse il sostegno politico regionale e nazionale». Il segretario di Uil Fvg Giacinto Menis dichiara: «Non va dispersa una potenzialità infrastrutturale del territorio. Ma va anche riconosciuto che da solo l’aeroporto non ce la fa. Io non escludo in linea di principio neanche l’ipotesi di un’alleanza con Venezia. Vanno valutate in concreto le opportunità migliori, senza preclusioni o pregiudizi. E le alternative non sono tante».
Secondo la Filt-Cgil di Gorizia la gara per la privatizzazione, poi dichiarata deserta, ha messo lo scalo in balia di Save: «La Filt e le sue Rsu hanno sempre sostenuto che non si doveva privilegiare nessun possibile acquirente ma si doveva guardare e creare interesse anche in altri interlocutori (come ad esempio Lubiana e Klagenfurt) ma la giunta regionale di allora ignorò questa posizione di semplice buon senso». Il segretario della sigla provinciale Valentino Lorelli teme la «marginalizzazione» dello scalo e depreca la vicenda che ha portato all’emissione e poi al blocco del bando: «Il tutto ha regalato a Save la possibilità di ritornare sull’argomento da una posizione di forza con espressioni umilianti nei confronti dell’aeroporto e della comunità del Fvg con la speranza, forse, di comprare in saldo». Lorelli invita la Regione a premere l’acceleratore delle infrastrutture: «Dopo una serie incredibile di errori la politica regionale e provinciale deve assolutamente procedere alla realizzazione del polo intermodale». Così il portavoce della Rsu dell’aeroporto Emiliano Zotti: «Riteniamo la ricerca di collaborazioni serie e accordi efficaci indispensabili per l’esistenza della nostra realtà. Riteniamo che queste collaborazioni debbano svilupparsi con una prospettiva che non comprometta l’autonomia della società». Zotti chiede la difesa dell’autonomia dello scalo: «La Regione dovrebbe garantire la necessaria flessibilità e tutelare la sua indipendenza decisionale. Il tempo passa e il nostro management non sembra aver elaborato alternative, rischiando di compromettere la futura esistenza del nostro aeroporto».
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