A rischio altri 225 posti di lavoro alla cartiera Burgo del Timavo
TRIESTE «Mercato terribile, marginalità disastrosa, consumi in calo. Il 2019 si prefigura come una delle peggiori annate per il patinatino (carta per editoria, ndr). Al primo bimestre dello stabilimento di Duino mancano due settimane di lavoro, purtroppo marzo e aprile confermeranno la tendenza negativa in termini di commesse». «Se la situazione permanesse stazionaria, non sono in grado di dire quanto la Cartiera del Timavo riuscirebbe a resistere. Senza contare che per due anni non avremo Cassa integrazione ordinaria e straordinaria: quindi non ci sono paracaduti, la Cartiera o riesce a sopravvivere o muore».
Altrochè riconversione della Linea 2. Altrochè Spinoglio e la Cartiera di Ferrara. Altrochè recupero dei 76 licenziandi. Qui a rischiare sono tutti i 225 dipendenti ancora operanti a San Giovanni nella Linea 3, riavvolti in una crisi aziendale che sembra infinita. Franco Montevecchi dirige il personale delle 11 fabbriche Burgo ed è venuto apposta a Trieste, accompagnato dal braccio destro Paolo Simonato, allo scopo di trasmettere un messaggio drammaticamente esplicito a lavoratori, sindacati, istituzioni.
«La Linea 3 della Cartiera del Timavo - riflette durante una pausa al Caffè degli Specchi - non è affatto in sicurezza dal punto di vista produttivo e commerciale, quindi viene monitorata con estrema attenzione, mese per mese». «Le premesse non sono incoraggianti - è la diagnosi del manager veneto - perchè negli ultimi anni sono state chiuse 3 linee di patinatino su 5. Una a Duino, due a Verzuolo, ne restano attive una a Duino e una a Villorba, ma il polso del prodotto è sempre debole». In verità - incalza Montevecchi - il problema è doppio «perchè se cede la Linea 3, non si procederà neanche alla riconversione della Linea 2, dal patinatino al cartone».
La logica è chiara: Burgo agevola Spinoglio praticando un prezzo di favore sull’impianto che sarà sottoposto a revamping. In cambio il gruppo cartario avrà una quota azionaria, la cui entità è da stabilire. Ma, se si avverasse l’ipotesi più negativa, il default della Linea 3 risucchierebbe nella spirale negativa anche la “2” e la Cartiera alla foce del Timavo si trasformerebbe in una sorta di reperto archeologico industriale modello ex Aquila. Montevecchi nega con decisione che la sua sia un’uscita tattica per spaventare i sindacati, con cui i rapporti sono comunque gelidi. Anzi, approfitta della trasferta triestina per lanciare un secondo messaggio, stavolta solo ai licenziandi. Che non sono più 87, ma 76 in quanto 11 hanno accettato il trasferimento negli altri siti Burgo di Tolmezzo, del Trevigiano e del Vicentino.
Il messaggio è che adesso per tutti i 76 in pista di licenziamento c’è invece la possibilità di traslocare in una delle fabbriche nordorientali del gruppo: bisogna decidere entro venerdì 15 marzo se accettare o meno. Chi non accetta, è licenziato. Il capo del personale Burgo ritiene più che dignitose le condizioni di trasferimento: alloggio pagato da 6 a 12 mesi, rimborso del viaggio in auto, rimborso delle spese sostenute per il trasloco, una paga media attorno ai 1800 euro/mese «più alta che a Duino perchè negli altri siti non ci sono Cig o solidarietà, lo stipendio è pieno». Stavolta Montevecchi, in genere piuttosto defilato, svuota le scarpe di sassolini da tempo collezionati: «Non abbiamo voluto protrarre la solidarietà? Non c’erano soldi. Non abbiamo voluto la Cassa? La casuale avrebbe dovuto essere la cessazione della l2, che a dire il vero ha cessato la produzione tre anni fa...». —
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