«A rischio 5 mila posti di lavoro specie nel settore del terziario»

Così il segretario Piga sul possibile impatto su Trieste, dal primo aprile, dello sblocco dei licenziamenti

TRIESTE. «Dal 1° aprile, con lo sblocco dei licenziamenti, solo nella provincia di Trieste sono a rischio 5 mila posti di lavoro». È il grido d’allarme lanciato dalla Nccdl Cgil, che nel tracciare un bilancio sull’attività dell’organizzazione sindacale nell’anno che si è appena concluso e sullo stato di salute della nostra città, sottolinea la necessità di «una svolta nelle politiche del territorio».

Il segretario generale Michele Piga a fronte di uno scenario economico e sociale stravolto, parla dell’esigenza di «una riprogrammazione della città: la pandemia a Trieste ha avuto un impatto pesantissimo, più che in altre zone d’Italia». È quello del terziario il settore dove, dall’osservatorio dei sindacati, si registra la situazione più grave e sono a rischio più posti di lavoro. «Logistica e edilizia, invece – valuta Piga –, sono quelli più in salute, anche se il comparto edile in Friuli Venezia Giulia sta andando meno bene che in altre regioni».

A fine anno, dopo 10 mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria e a seguito di un confronto con Cisl e Uil, la Cgil ha condiviso un documento di giudizio di insufficienza delle istituzioni locali nell’affrontare la pandemia, rilanciando quattro temi di investimento: sanità, sociale, economia e scuola. «Su questi quattro temi, in vista delle elezioni amministrative – spiega la Cgil –, vogliamo portare al centro del dibattito politico il rilancio di una città che continua a perdere cittadini e giovani e non può più permettersi di farlo».

Nel valutare l’impatto che il Covid-19 ha avuto su Trieste, il sindacato indica come il capoluogo giuliano abbia sofferto «per motivi demografici (il 29% di popolazione over 65), logistici per la presenza di moltissime case di riposo e per l’assenza di un piano pandemico strutturato nella prima ondata, che ha portato a una gestione improvvisata dell’emergenza». Un’emergenza che ha determinato «un nuovo contesto sociale – constata la Cgil – segnato da distanziamento sociale, aumento della disoccupazione, solitudini e isolamento», che «ha messo in forte difficoltà i cittadini, e in particolare le famiglie con figli, le donne, le madri, oltre agli anziani e ai domiciliati nelle Rsa, i medici e gli operatori sanitari».

Bocciata dalla Cgil la risposta di Asugi, Comune e Inps a una richiesta di dialogo e collaborazione. «Con Asugi si è aperto un dialogo, che però non è stato perseguito con convinzione da parte dell’Azienda sanitaria», denuncia Piga. «Abbiamo avuto un incontro con il sindaco – continua – per un confronto sulle politiche di bilancio e dunque su imposte locali, politiche sociali e dell’istruzione. Avrebbero dovuto fare seguito degli incontri con gli assessori Polidori, Brandi e Grilli, e se i primi due non li abbiamo mai sentiti, con Grilli abbiamo avuto un confronto da cui però è emerso come non ci sia da parte della giunta una progettazione di investimenti sulle politiche sociali che tenga conto dei cambiamenti in atto».

Per il segretario cigiellino, «l’investimento sociale può essere volano economico ed elemento di giustizia sociale in questa fase». Difficoltoso anche il confronto con l’Inps sul tema degli ammortizzatori sociali, «a causa – spiega – del progressivo disinvestimento da parte dell’Istituto in termini di competenze e organico sul territorio». In questo momento, secondo Piga, «sarà determinante una progettazione degli interventi urbanistici del Porto vecchio, guardando al futuro di tutta la città e non a interventi a spot». Prioritaria inoltre, a suo avviso, la centralità della ricerca «per governare i processi della transizione digitale e per rilanciare una nuova manifattura compatibile con l’ambiente e in stretta connessione con le attività del porto». —
 

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