A Redipuglia la parola “Presente!” intrappola tutti i turisti in visita

REDIPUGLIA Centro Visite Gradina. Targa di plastica, giardino d'ulivi, in bicicletta da Budapest a Parigi, vento che soffia, ghiaia bianca sotto i piedi, coccarda tricolore, bianco rosso e verde. Zelei Jòzsef, ciclista ungherese ed ambasciatore di pace, per trasmettere il ricordo ha pedalato dall'Ungheria alla Francia nel 2014. Un viaggio per il ricordo. Stessi cartelli a Fogliano.
Subito dopo il cimitero di Doberdò uno sterrato penetra ciò che è rimasto della landa carsica. Doline, pietre grandi sotto gli scarponi, merli irriverenti nel canto, presenze nemiche. Cominciano ad intravedersi i resti del sistema difensivo italiano costruito dal Genio Militare tra il 1916 ed il 1917. Scrive Antonio Gibelli in Storia d'Italia che «il nuovo mondo appare nella sua dimensione artificiale, nel suo cambiamento arbitrario di ritmo». Trincee costruite, non sempre scavate nella terra. Sentiero facile, impercettibile salita. Rugiada appena nata. Doberdò si allontana. Senza apparente fatica si materializza la dolina dei Cinquecento. Scolaresche slovene in visita. Compaiono pannelli informativi che mettono in mostra il Carso di cent'anni fa. Fregi di battaglioni dappertutto. Sistema di trincea del Monte Sei Busi. La guerra in salita. Le trincee in cemento, molte delle quali intatte.

Sacrario di Redipuglia. Pressione alle tempie. Alcune famiglie scattano fotografie. Quel "PRESENTE" intrappola tutti. Arrivando da nord non lo si nota. L'impatto è monumentale. La struttura gerarchica si evince immediatamente, il senso di soffocamento a causa di una monumentalizzazione creata ad hoc dal regime fascista lascia i visitatori senza fiato. Greppi e Castiglioni, ingegno ed arte di regime. Fu realizzato sulla base di una premessa indispensabile al fascismo, la legge del 12 giugno 1931, sulla sistemazione definitiva delle salme dei caduti. Senza di essa nel 1935 non ci sarebbero stati il Grappa, Pocol, Fagarè, Rovereto, Oslavia, la via sacra del Pasubio. Giordano Cadez, Onor Caduti, dal 1987 addetto al rispetto. «Sessantamila persone ogni anno vengono a Redipuglia». Una per ogni ignoto. Solo che Roma è distante. Onor Caduti non sente, non ascolta. «Gli alpini ci daranno una mano a tenerlo aperto, probabilmente». Tanto rumore per conquistare questa terra per poi dimenticarla in un angolo. Quale ipocrisia. Sollievo nella stretta di mano con Giordano. «È vietato consumare cibi e bevande all'interno della zona sacra». Sacra solo quando si tratta di invitare il Presidente della Repubblica, come nelle ispezioni in caserma per la visita del generale.
Alcune ruspe tagliano in due il sentiero. Panca in legno, «qui è possibile svolgere alcuni esercizi fisici». Gratis. Frutta secca, formaggio, cioccolata. Per i ciclisti dovrebbe valere il limite di velocità su questa traccia. Non è così. Due ragazze camminano con passo deciso. Tutti di corsa. Quando capiremo che la soluzione non è correre dietro al tempo? Piccola deviazione, si torna indietro. Strada, immondizia, umani incivili. Monumento a Filippo Corridoni. "QUI EROICO COMBATTENTE CADDE FILIPPO CORRIDONI FECONDANDO COL SACRIFICIO DELLA VITA LA GLORIA DELLA PATRIA E L'AVVENIRE DEL LAVORO". Lingua del fascio. Testa di moro, monumento Brigata Sassari. Cippo Marras. È come se l'Italia fosse nata qui, su questo blocco di calcare, come se Porta Pia, i Mille e Mazzini non fossero mai esistiti. Nomi strani. Trincea delle Frasche. Dei Razzi. Croce con papavero a Virgilio Bonamore 1914 - 1918. Tenoorlog.be, tre ragazzi belgi che a piedi son andati fino a Gallipoli, son passati anche qui. Presenze contadine, costruzioni legnose, reti metalliche. Solo a piedi si cammina sopra l'enorme cimitero, necropoli silenziosa, che nacque quel tempo. Pullman di studenti che perdendo un giorno di scuola ne acquisiscono il ricordo.
"Museo di San Martino del Carso aperto al pubblico nei fine settimana, dal lunedì al venerdì per gruppi solo su prenotazione". Numero di telefono. Foglietto bianco, indicazione a pennarello. Quando le targhe servirebbero non ci sono mai. Assenza di traduzioni in lingue straniere. A chi vogliamo comunicare quello che siamo stati? Camper di turisti del centro Italia. L'abitato sembra dormire ancora. Pietra che ricorda il brandello di mura, di ungarettiana memoria. Pranzo nella piazza, bus di linea in ritardo. Un trattore dalle ruote grandi guida un contadino verso nord, verso la vecchia scuola "Emanuele Filiberto". Monarchia dimenticata. I rovi chiudono l'accesso alla struttura.
Alcune sculture ornano il muro di una casa, non lontana dal monumento alla Divisione Honved. Nel 1994 l'Associazione Nazionale Alpini lo ha restaurato. Sempre loro. Totem e coccarde tricolori. Sempre ungheresi. Budapest ci tiene particolarmente. Una nazione che non farà mai i conti con il senso di frustrazione nei confronti della grandezza passata. Anche se a Redipuglia non invitarli al concerto del maestro Muti è stato un errore clamoroso.
Monte San Michele, abuso del m'illumino d'immenso. "Con un breve moto di sguardo. 26 gennaio 1917". Mantra distante, frettolosa liturgia scolastica. Altro museo difficile da riconoscere. Aperto, prima volta in vita mia. Sempre la solita distanza che Roma ha. Cippi grandi. Piana di Gorizia. Fiume Isonzo e la dannata ipotesi. Sullo sfondo catena di monti epici. Nero, Calvario, Sabotino, Monte Santo. Ancora studenti sloveni, come topi entrano tutti in fila nelle gallerie. Caschetti gialli e divisa di Onor Caduti in bella mostra. Cima 1 e 2. 275 metri sul livello del mare. Vegetazione che non c'era. Sì. , da quassù si vede il mare. Pausa. Paolo sistema lo zaino.
Cannoniere di Cotici e azienda agricola Castello di Rubbia. Odore di legna bruciata, profumi da Jugoslavia interna. Vecchie viti dalle foglie secche, gatti alla finestra. Trincee ricoperte, non più Carso, bensì tropicale. Fatica a riemergere, senso di soffocamento. Pista in discesa. La ferrovia che porta a Gorizia taglia in due l'itinerario. Corriamo paralleli, sentendo il rumore meccanico della locomotiva. Sottopasso, campo aperto, poi finalmente Sovodnje, Savogna d'Isonzo. Marciapiede che si trasforma in pista ciclabile che non porta da nessuna parte. S'interrompe, ti fanno attraversare la strada, ad un incrocio rischiamo seriamente di venir investiti dal traffico. Quando capiranno che anche chi va a piedi ha bisogno di camminare in sicurezza?
Autobus di linea da Sant'Andrea, rione sloveno di Gorizia, alla stazione. «Dobbiamo andare a sant'Anna». «Passi davanti alla chiesa, fai qualche foto agli afghani e sempre diritto». Fobia da nord-est per i profughi, fascismo mai sopito, cominciato proprio con identiche modalità. Intolleranza. L'autista apre le porte del bus. Passi lunghi. Altro ritratto di Franz Joseph. Con cappello da jäger. Sempre gli stessi baffi. Figura a trequarti. La Nizza dell'Impero che non esiste più.
(2 - Continua. La prima puntata è stata pubblicata il 28 giugno)
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