A processo per una pistola lanciarazzi

Trovata in casa dai carabinieri che cercavano beni frutto di ricettazione. Il perito l’ha definita un’arma comune da sparo

L’avevano rinvenuta durante una perquisizione, disposta per tutt’altri motivi. Una pistola lanciarazzi monocolpo, di quelle in dotazione alle imbarcazioni. Una pistola all’apparenza molto simile ad un revolver, a canna corta e dall’ampio diametro. Sicuramente inquietante, potenzialmente pericolosa. L’uomo, allora cinquantunenne, originario del Sud e arrivato nel Monfalconese in cerca di lavoro, dove risiede da oltre un decennio, è finito a processo per possesso illegale di armi, così come la pistola lanciarazzi è stata qualificata dagli inquirenti.

Un rinvenimento del tutto inaspettato, considerato che i militari erano in cerca piuttosto di beni provento di furto. Nel procedimento a suo carico, l’ipotesi di accusa è infatti quella di ricettazione, quindi il possesso di materiale riconducibile ad atti illeciti. Alla quale si è quindi aggiunta anche la contestazione in ordine alla detenzione dell’arma.

I fatti risalgono al 2013. I carabinieri all’epoca si erano dunque presentati all’abitazione dell’uomo, oggi di 56 anni, all’epoca residente a Staranzano, per eseguire la perquisizione domiciliare. I militari avevano trovato il materiale ritenuto oggetto di ricettazione e contestualmente era saltata fuori anche la lanciarazzi. Tutto evidentemente posto sotto sequestro.

Il processo davanti al giudice monocratico Marcello Coppari è in corso. Durante l’ultima udienza, lo scorso 23 maggio, è stato ascoltato il perito incaricato di eseguire le verifiche tecniche sulla pistola lanciarazzi, dovendo stabilire in sostanza se sia da definire a tutti gli effetti un’arma comune da sparo, messa in dubbio evidentemente dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Flavio Samar, non ritenendola invece qualificabile come tale.

Il perito, un maresciallo dei carabinieri di Cordovado, in quell’occasione ha ribadito quanto aveva già dichiarato in aula, ossia che la pistola lanciarazzi sia da considerarsi un’arma comune da sparo. Le verifiche eseguite infatti hanno avuto due fasi. La seconda in virtù di un supplemento di indagine, ad integrazione della consulenza tecnico legale per la quale la difesa ne aveva obiettato una «sostanziale incompletezza».

Durante la prima deposizione il perito aveva illustrato le caratteristiche della lanciarazzi. Una pistola da imbarcazione utilizzata già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e in commercio fino agli anni Cinquanta-Sessanta. Il tutto concludendo quindi che si trattava di un’arma da sparo.

Un esame per il quale il maresciallo si era tuttavia basato sulle «carte» e su fotografie inviategli per e-mail, come ha confutato l’avvocato Samar, che aveva quindi richiesto al giudice l’integrazione d’indagine, proprio al fine di verificare la funzionalità della pistola.

Insomma, la pistola lanciarazzi doveva essere «provata», dimostrando che fosse funzionante, considerando peraltro se i “proiettili”, ovvero le cosiddette cariche a cartoccio, siano o meno ancora in commercio.

Richiesta, quella del legale difensore, accolta dal giudice. Al perito è stata perciò consegnata la lanciarazzi per testarne l’effettiva capacità di sparo.

E durante l’ultima udienza, il 23 maggio, il perito ha confermato: la pistola è funzionante ed è pertanto da ritenersi un’arma comune da sparo.

Spetterà a questo punto alla difesa “disinnescare” gli elementi di effettivo pericolo della lanciarazzi rispetto a quanto comunque stabilito dal maresciallo dei carabinieri. La prossima udienza è stata fissata il 31 ottobre.

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