A Porto Buso si lavora al museo della laguna

GRADO. Nella notte fra il 23 e il 24 maggio del 1915, alle 3 di notte, dal cacciatorpediniere della Marina italiana Zeffiro al comando di Arturo Ciano, partì la prima cannonata della Grande guerra. Complessivamente furono 169 le cannonate sparate contro la caserma di Porto Buso che allora segnava il confine fra Italia e Austria (il canale rappresenta oggi il confine fra la laguna di Grado e di Marano). Prima delle cannonate, dallo Zeffiro fu lanciato un siluro che, però, fece cilecca, come racconta nel suo rapporto il comandante Ciano, essendosi lo stesso siluro arenato senza scoppiare su un bassofondo proprio in corrispondenza del pontile dove erano ormeggiati i mezzi nautici austriaci. La prima cannonata della Prima guerra mondiale andò a colpire proprio il pontile dove da anni ormai c’è una lapide che ricorda l’avvenimento e dove puntualmente i marinai in congedo dell’Anmi di Grado, si recano il 24 maggio a deporre una corona d’alloro a ricordo dell’avvenimento. Cosa che è avvenuta regolarmente anche ieri mattina con una semplice ma significativa cerimonia tra l’altro in un contesto ambientale attuale che riporta indietro nel tempo proprio a 103 anni fa: tutto distrutto e disboscato. Ma questa volta perché è in fase di realizzazione il nuovo edificio che sorgerà al posto dell’ex caserma della guardia di finanza (questa fu in seguito la destinazione della caserma austriaca di un secolo fa). Ecco allora la necessità di tagliare alberi ed eliminare il verde esistente ma ciò soprattutto, proprio a seguito delle vicende storiche del sito, per la necessità che c’è stata di fare tabula rasa per cercare l’eventuale presenza di ordigni bellici che a ogni modo non sono stati trovati. Piante e verde, spiega l’assessore Fabio Fabris, saranno naturalmente rimessi in sito non appena ultimai i lavori.
Dopo il lungo intervento che sarà effettuato pressoché completamente con quel sistema oggi identificato di edilizia sostenibile, ci sarà a disposizione la rifatta ex caserma della guardia di finanza che diventerà un centro didattico culturale ed espositivo legato in particolare alla laguna, e una torretta-osservatorio; è previsto il ripristino di un ulteriore edificio ma soprattutto il rifacimento e consolidamento degli argini per la quale impellente necessità legata alla sicurezza del sito, il Comune ha già interessato la Regione e la Protezione civile.
Presenti alla cerimonia di ieri mattina i marinai gradesi con il presidente Giovanni Nino Pastoricchio, il sindaco Dario Raugna che hanno tenuto i discorsi di circostanza, i carabinieri con il maresciallo capo Somma e i due carabinieri del gommone, il luogotenente Bianco di Circomare e il consigliere nazionale dell’Anmi Giorgio Seppi. Tornando alla storia, nella relazione di fine operazione il comandante Ciano (il documento fa parte dell’archivio storico della Marina Militare) così raccontava: “evitando ogni rumore, si entrava nel Canale di accesso di Porto Buso e, non veduti, si riusciva a superarlo felicemente fino a raggiungere il traverso del pontile e della Caserma Austriaca, a 500 metri di distanza sulla rotta magnetica 345°”.
Ecco allora scattare l’azione con il lancio del siluro contro il pontile aprendo il tiro a granata A. E. con i tre cannoni da 76 sulla caserma.
Il bilancio dell’operazione fu tremendo: pontile centrato con la distruzione dei mezzi nautici, caserma e torretta semidistrutte e fuggi fuggi degli uomini. Furono fatti prigionieri 48 di loro. Secondo altri diari in 6 riuscirono a fuggire e a porsi in salvo. Da parte italiana, come precisava il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito generale Cadorna si segnalava “un morto e pochi feriti”. Tra l’altro non si può non ricordare ancora una volta come all’epoca dei fatti, Grado e la sua popolazione fossero divisi a metà: una parte con gli italiani, gli altri con gli austriaci tant’è che fra i militari arrestati, tra le file austriache c’erano anche alcuni gradesi.
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