A Palazzo scoppia la “guerra” dei buoni pasto
Si dicono pronti «a ogni azione di tutela». Perché il modo in cui la giunta ha gestito la partita sul premiale e sull’indennità di mensa «dimostra assoluta mancanza di rispetto verso i lavoratori e chi li rappresenta». I dipendenti di Palazzo trasmettono in una mozione inviata a Debora Serracchiani la contrarietà sul buono pasto da 7 euro imposto in Finanziaria. Un passo inatteso, secondo i lavoratori, dopo che quella misura era stata concordata al tavolo tra delegazione di parte pubblica e sindacati.
La protesta arriva dalla base. Massimo Bevilacqua, segretario della Cisl, non condivide toni e contenuti, ma spiega di aver preso atto della volontà delle assemblee e di avere accettato, con le altre sigle, di consegnarla alla giunta. A siglare il testo della lettera (con allegata la mozione approvata dal personale) sono anche Uil, Cisal e Csa. I destinatari, assieme alla presidente della Regione, sono pure i componenti dell’esecutivo, il direttore generale Roberto Finardi, i direttori centrali Antonella Manca e Paolo Viola, il segretario generale del Consiglio regionale Augusto Viola.
Il testo riassume quanto accaduto a dicembre. Le assemblee del personale regionale organizzate a Trieste, Pordenone, Gorizia, Tolmezzo e Udine hanno esaminato gli esiti della trattativa chiusa il 2 dicembre con la sottoscrizione di una preintesa che ha riguardato il pagamento dei premiali arretrati (6 milioni di euro) ma anche trasformato in un buono pasto da 7 euro l’indennità di mensa che veniva in precedenza inserita in busta paga (per un lordo di circa 11 euro per i dirigenti e 11,70 per i non dirigenti, con un costo aziendale però di circa 15,50 euro, comprensivi di oneri riflessi). Una novità, che di fatto dimezza il costo di questa voce per la Regione da 5 a 2,6 milioni di euro, ribadita qualche settimana dopo in Finanziaria. All’articolo 12 comma 20 del bilancio di fine anno viene infatti disposto che, a decorrere dall’1 gennaio 2015, «al personale regionale compete, per le giornate di effettiva presenza in servizio sia nelle ore antimeridiane, sia in quelle pomeridiane, un buono pasto, anche elettronico, del valore nominale di 7 euro».
Un metodo, così è emerso nelle assemblee, che i lavoratori non hanno digerito. In particolare non convince, nel testo di legge, il fatto che l’attribuzione del buono pasto avvenga «secondo criteri e modalità definiti dall’amministrazione regionale». Un’aggiunta successiva al tavolo giudicata dal personale come una decisione unilaterale della giunta. E dunque da respingere. In fase di trattativa, si legge nella lettera trasmessa in questi giorni alla giunta, era stato al contrario condiviso che «criteri e modalità di riconoscimento del buono pasto sarebbero stati materia oggetto di contrattazione aziendale, viste anche le diverse tipologie di attività lavorative legate alle diverse funzioni svolte dal personale regionale». Con queste premesse, le segreterie Cisl, Uil, Cisal e Csa, che attendono una convocazione per trasformare la preintesa del 2 dicembre in intesa, informano la Regione che «il contenuto dell’accordo ha colpito i lavoratori e suscitato in loro il desiderio di far conoscere direttamente alla giunta il loro pensiero con l’approvazione di una specifica mozione».
Mozione molto dura al punto che il personale richiede alla giunta «un comportamento che riporti il rispetto delle regole nelle materie che riguardano il modo di lavorare in Regione». Diversamente, è l’avvertimento, «si riserva ogni possibile azione a tutela della propria dignità e professionalità». Nel mirino «il metodo usato», «la mancanza di rispetto delle regole di un confronto paritario e corretto del vivere civile» e, concretamente, «il documento sottoscritto il 2 dicembre nella parte frutto di imposizioni, tra l’altro evidenti proprio con la presentazione di un emendamento giuntale che, oltre a introdurre un buono mensa, riserva a scelte unilaterali criteri e modalità di fruizione». I 6 milioni di premio? «Solo il dovuto a fronte di prestazioni già rese dai lavoratori».
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