«A Muggia Punta Olmi non sarà affatto cementificata: ecco come diventerà»
MUGGIA. «Sono felice di vedere che i cittadini di Muggia hanno a cuore il miglioramento di questa bellissima zona di proprietà, che spero di riuscire a riqualificare, valorizzare e rendere fruibile a favore di tutta la comunità». Paolo Rosso - responsabile della Rte di Trieste, la società titolare dell’ampio terreno di Punta Olmi oggetto di un importante progetto di insediamento turistico - esordisce così innanzi alle contestazioni che giungono appunto da una serie di residenti attraverso petizioni cartacee e online contrarie all’operazione.
«Mi piace pensare che la promozione di standard elevati di progettazione possano qualificare tutto il territorio di Muggia», spiega la propria posizione Rosso, definendo le voci sul progetto circolate finora «assolutamente avulse dalla realtà. Chi parla di cementificazione ha una visione assolutamente sbagliata». Rosso, a questo proposito, insiste nel porre la propria attenzione sul Piano regolatore generale esistente, «che concentra l’edificazione nella parte a monte più alta della proprietà. Proprio per evitare l’effetto “case condominio” abbiamo proposto una variante al Prgc valutando l’ipotesi progettuale di redistribuire i metri cubi su un’area più estesa, diluendo visivamente l’impatto».
L’imprenditore assicura infatti di riconoscere il valore ambientale e naturalistico di Punta Olmi, «motivo per il quale abbiamo voluto impostare da subito una progettazione sostenibile e incentrata sulle sensibilità ambientali e sulle criticità del territorio, in cui biodiversità e aspetti ecosistemici fossero salvaguardati e valorizzati». Rosso parla inoltre di «confronti anche con Legambiente, da cui non abbiamo ricevuto ancora riscontro, e a cui abbiamo chiesto di contribuire fattivamente all’analisi e allo sviluppo del progetto, proponendo ai suoi rappresentanti un’eventuale presenza sul posto per la futura condivisione delle strategie gestionali di quello che un domani potrebbe diventare a tutti gli effetti un parco aperto, che, seppur sviluppato interamente in area privata, possa avere fruibilità per tutta la comunità».
L’obiettivo sostenuto da Rosso, insomma, è quello di condividere con la cittadinanza il progetto: «Non si può prescindere da una progettazione multidisciplinare, in quanto alle richieste della committenza si uniscono quelle della cittadinanza, dei fruitori quotidiani, dei turisti, utenze di differente provenienza e differenti necessità. Motivo per il quale provvederemo, a breve, a illustrare il tutto in spazi appositi per un sano confronto».
Per quanto riguarda il progetto da un punto di vista squisitamente tecnico, invece, come spiegano gli architetti dello Studio Metroarea di Trieste, esso «è stato sviluppato a partire da un’accurata analisi degli habitat e della fauna dell’area. Sono state effettuate indagini di campo, analisi e fotointerpretazioni di immagini aeree dagli anni Cinquanta a oggi, per capire la dinamica evolutiva dell’area». Metroarea ha poi affrontato la questione propriamente legata alla tipologia delle costruzioni: «Il progetto si definisce proprio per la semplicità costruttiva e il sistema “a secco”, che permette un bassissimo impatto ambientale, utilizzando anche le cosiddette case ipogee. Per questo è stata avanzata una proposta di abitazioni piccole, inserite e armonizzate nella natura circostante, che vogliamo sia la protagonista indiscussa. Le ricognizioni e le valutazioni preliminari ambientali effettuate hanno permesso così di costruire, sin dalle prime fasi, una proposta di variante particolarmente attenta alla sostenibilità ambientale. Innanzitutto si è prestata attenzione alla riduzione dei consumi energetici e all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. La limitazione del consumo di suolo è stata un’ulteriore priorità, attraverso l’adozione di un sistema costruttivo a sbalzo. Questo consente di ridurre l’impatto sulla superficie del terreno e la tutela delle aree verdi e naturali. Il riuso delle acque meteoriche per usi non potabili è stato considerato poi come un modo al passo con i tempi per ridurre la dipendenza dalle risorse idriche tradizionali. Quanto ai collegamenti, i percorsi interni, pure quelli carrabili e le aree parcheggio, sono progettati con sistemi costruttivi tipici dei biocorridoi, con materiali drenanti non polverosi e “nature-based solution
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