A Mogadiscio un generale italiano guida la missione Ue

E' Maurizio Morena, nato a Trieste: "Addestriamo i loro ufficiali, siamo benvoluti"
Un addestramento
Un addestramento

«Non ho avuto occasione di servirmene, ma nei nostri spostamenti in città, qui a Mogadiscio, ho visto sei Bancomat in servizio». Più di cento briefing, più di cento analisi, il particolare descritto con voce tra il compiaciuto e il sornione dal generale di brigata Maurizio Morena illustra in maniera esaustiva la situazione della capitale somala.

Il campo dell'Eutm a Mogadiscio
Il campo dell'Eutm a Mogadiscio

Nella Mogadisico in preda dal 1990, a fasi alterne, alla guerra civile; nella Mogadiscio già completamente devastata nelle sue infrastrutture, strade e servizi; nella Mogadiscio che fu della battaglia di Check-point Pasta e di Black Hawk Down, il messaggio è chiaro. Tra i perduranti “ritorni di fiamma” di scontri e colpi di mano a sfondo tribale, tra i ricorrenti attentati e assalti degli estremisti islamici shabaab, il Paese del Corno d’Africa pur “monco” di alcune regioni e in preda a forze centrifughe sta faticosamente raggiungendo un equilibrio che ha innescato una qualche ripresa economica.
E in questo assetto che la comunità internazionale vorrebbe stabilizzare ha avuto e ha un ruolo anche la Missione di addestramento dell’Unione europea (Eutm Somalia).
Maurizio Morena ne è da un mese alla guida, terzo generale italiano a ricoprire consecutivamente l’incarico.
«Il nostro ruolo è di addestrare parte delle forze armate somale e supportare, quali consiglieri e affiancatori, il loro Stato maggiore e il Ministero della difesa del governo riconosciuto internazionalmente» spiega l’alto ufficiale, paracadutista proveniente dal Comando delle forze speciali.

Il generale Maurizio Morena
Il generale Maurizio Morena

Al contrario dei reparti della missione dell’Unione africana, supportata dall’Onu, dispiegata in tutta la Somalia e impegnati a contrastare militarmente i fanatici maomettani, l’Eutm opera solo nella capitale dove, presso l’aeroporto, ha la sua base, a sua volta bersaglio sporadico di attacchi. «Siamo una missione di piccole dimensioni - continua Morena -, circa 200 persone di 11 nazioni più la Serbia, che fornisce il servizio medico. Gli italiani sono in netta maggioranza, sulle 60 unità. Con un team di circa 20 addestratori svolgiamo corsi specialistici, come quello di polizia militare o di amministrazione militare, per comandanti di compagnia o battaglione». In parallelo, un nucleo italiano conduce in città attività Cimic, cioè di cooperazione civile-militare, aiutando la popolazione e la società civile. Morena, figlio di un militare, è nato a Trieste, quando il padre era in servizio nell’82° reggimento fanteria Torino: in occasione di una visita in città, era andato a visitare la vecchia casa a Vilal Opicina, che aveva lasciato da bambino seguendo i trasferimenti del genitore.
Ogni giorno o quasi il generale e i suoi uomini escono dal campo per raggiungere i comandi, le scuole e le aree addestrative delle forze armate locali, provvedendo all’autodifesa.

Forze speciali somale
Forze speciali somale

«Essere italiani - precisa il generale Morena - qui significa ancora qualcosa di speciale, positivo nel rapporto con i somali. Del resto in molti hanno studiato o vissuto qualche periodo in Italia. Come un vecchio colonnello che ho incontrato di recente. Quaranta anni fa aveva frequentato l’Accademia di Modena. Quando ho citato il motto dell’istituto, “Una acies”, nel ricordarselo si è commosso alle lacrime e mi ha abbracciato». Un motivo in più, semmai ce ne fosse bisogno, per continuare a svolgere al meglio la missione. Sperando che quei Bancomat inizino davvero a “macinare” economia e quindi, sicurezza e benessere dopo decenni di guerra civile.

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