A Gorizia torna èStoria. Galli della Loggia: "L’identità italiana è il frutto delle tante diversità"

Lo storico e giornalista converserà sabato con il direttore de Il Piccolo e con Marco Travaglio del Fatto Quotidiano. "L’identità non è un carattere razziale", il suo ammonimento. "Il male principale? La mancanza di una guida politica"

Crocevia di collaborazioni culturali, oltre 200 ospiti tra storici, giornalisti, autori e artisti. La tredicesima edizione del festival èStoria (venerdì 26 alle ore 18.30 l’inaugurazione) ripropone Gorizia, per quattro giorni, al centro della cultura italiana. Quest’anno più che mai in virtù del tema scelto dai curatori: “Italia Mia”. Si parlerà di identità italiana declinata su diversi punti di vista e sensibilità.

Il titolo è nato dall'incipit di una canzone petrarchesca: "Italia mia, benchè il parlar sia indarno". Ma stimolante per la scelta degli ospiti di èStoria, almeno per quanto riguarda l'ampio sguardo che la kermesse darà al nostro Paese di oggi e di ieri, è stata la lettura, da parte di Adriano Ossola, anima della manifestazione, di un libro di Ernesto Galli della Loggia: "L'identità italiana", pubblicato da Il Mulino una ventina d'anni fa.

Galli della Loggia sarà ospite di "Italia mia", questo il nome preciso dell'edizione numero tredici dell'iniziativa, sabato 27 maggio, alle 15.30, nella Tenda Erodoto dei Giardini pubblici di Gorizia, in un incontro che lo vedrà conversare con Marco Travaglio e con il direttore de Il Piccolo Enzo D'Antona. Tale incontro avrà per tema "Serva Italia", che richiama versi non del Petrarca ma del Purgatorio dantesco ("Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!").

E, ovviamente, l'identità italiana non potrà non essere presa in considerazione. Ma esiste, e quanto esiste, un'identità italiana? «Che un'identità italiana esista è sotto gli occhi di tutti - dice Galli della Loggia -. Va premesso, tuttavia, che ogni identità è data innanzitutto dal giudizio degli altri. E così risulta evidente che l'Italia esista e che esistano gli italiani con certe precise, specifiche caratteristiche nei campi più differenti perché lo pensano gli europei (e non solo). Al tempo stesso, gli italiani percepiscono l'esistenza di un'identità tedesca, di un'identità slava e di altre identità legate a questo o a quel popolo».

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Più nello specifico, da cosa è data l'identità italiana? «Da un insieme di caratteristiche storiche, antropologiche, religiose e di altra natura che, in qualche maniera, uniscono. D'accordo, il nostro Paese è assai unito ma pure assai diverso; resta però il fatto che, per uno straniero, i nostri elementi unificanti sono in numero superiore a quelli diversificanti e ciò, appunto, prova l'esistenza di un'identità che ci riguarda, dalle Alpi alla Sicilia, fermo restando, ripeto, le varie differenze che in Italia ci sono. Peraltro, ogni Paese europeo (e non solo europeo) ha un'identità. Ma che non esista un'identità italiana (e che non esista, ad esempio, un'identità tedesca o spagnola) è un'affermazione priva di fondamento».

Sotto questi profili, l'identità sembra sinonimo di cultura. «Lo è in parte - dice Galli della Loggia -. Soprattutto intendendo la cultura in senso antropologico (come insieme di modi di pensare e abitudini di vita) e cominciando dal modo di esprimersi attraverso la lingua. Ovviamente, gli italiani sono quelli che parlano la stessa lingua da un capo all'altro del Paese. La lingua, infatti, è uno degli elementi decisivi, unificanti per l'identità di un popolo, di un Paese. Ma ci sono altri mille elementi».

Occorre, tuttavia, fare una precisazione. «L'identità recepisce "soltanto" una serie di caratteristiche, nel senso che, di per sé, non dà risultati: chi produce i risultati, semmai, sono i popoli.

«èStoria, un festival in continuo movimento se il territorio ci segue»
Bumbaca Gorizia 20.05.2016 èStoria 023 Inaugurazione © Fotografia Pierluigi Bumbaca

Insomma, bisogna stare attenti a non fare dell'identità un carattere razziale, deterministico: ad esempio, non è che un italiano, proprio in quanto italiano, debba essere per forza traditore o valoroso o codardo. Tutti i popoli possono essere tutto, anche e soprattutto in base alle circostanze storiche».

L'incontro con Galli della Loggia, Travaglio e D'Antona, tuttavia, non sarà tanto una disquisizione sull'identità italiana quanto un'analisi sui mali che affliggono oggi il nostro Paese. «E sul fatto che in Italia ci sia una situazione critica o molto difficile l'accordo è generale. La disgrazia è che nessuno ha una terapia per uscirne. Il male principale? La mancanza di una guida politica. La politica, infatti, decide di molte cose. Di conseguenza, la mancanza di una adeguata politica è anche alla base della mancanza di una classe dirigente. Sì, proprio per ciò che la politica è ritengo che il nostro principale problema risieda nel deficit della politica. Purtroppo, non è l'unico problema che abbiamo».

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Però se la classe politica è espressione della società, agli italiani non resterebbe che recitare il mea culpa... «Passi la metafora, ma al ristorante possiamo scegliere soltanto tra quello che troviamo nel menù... Ecco, quel che troviamo nel menù di oggi non mi sembra molto appetitoso. Il fatto poi che in Italia non ci sia un'adeguata classe dirigente deriva certo dalla società italiana. Ma affermare che la mancanza di una classe politica di alto livello dipende dalla società è una forzatura».

Che fare? Facendo un balzo nei secoli, e sempre con un occhio di riguardo alla poesia, Leopardi invitava l'Italia al pianto ("Piangi, che ben hai donde, Italia mia, / Le genti a vincer nata / E nella fausta sorte e nella ria"). Un pianto inevitabile anche per Galli della Loggia: «Sì, l'Italia ha diritto di piangere ma non di piangersi addosso. Non dimentichiamoci che la politica è moltissimo, ma non è tutto.

La verità è che la classe dirigente italiana è marcia. Ed è marcia anche una parte di quella classe economico-finanziaria, abituata com'è a un rapporto corrotto con lo Stato, con la Pubblica Amministrazione, con il mondo degli appalti: non c'è giorno in cui non si parli di appalti truccati, soldi rubati allo Stato da parte di funzionari corrotti, collusi con esponenti del mondo degli affari, dell'economia. D'accordo, la politica c'entra ma responsabili dei danni sono anche altri pezzi della classe dirigente». Come, allora, non sperare che le cose vadano meglio, visto che sperare non costa nulla?

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