A Gorizia la Domenica delle scope rivive 70 anni dopo: una storia per l’Europa

La recente chiusura delle frontiere ha reso attuale l’episodio del 1950. La vicenda verrà ricordata nel corso di uno spettacolo e di un incontro 
La Domenica delle scope a Gorizia
La Domenica delle scope a Gorizia

GORIZIA La frontiera che sarebbe diventata la cortina di ferro era stata appena innalzata. Il progetto di edificazione di Nova Gorica era tutto fuorché concluso. Nel centro della piazza Transalpina non c’era il mosaico che oggi la rende celebre, ma qualche graniciaro pronto a gridare “Stoj!”, oltre ai cavalli di frisia con avvolto il filo spinato. Non deve allora meravigliare che le norme anti-Covid, nel bloccare i confini tra i vari Stati, abbiano riesumato antichi spettri in chi il confine l’ha vissuto per davvero.

La Domenica delle Scope
La Domenica delle Scope

Eppure, più forte in quella domenica 13 agosto 1950 fu la voglia di tornare a riassaporare una certa normalità, riabbracciando parenti e amici, ma anche e soprattutto facendo acquisti, letteralmente svuotando i negozi, in barba alla crisi e in piena Guerra fredda. Proprio così. Per una giornata i confini vennero dimenticati, sospesi, a ricordarci che, a costruirli, sono pur sempre gli uomini; e fu letteralmente una festa quella giornata di settant’anni fa, ormai nota come “Domenica delle scope”.

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Proprio le scope di saggina (che in quella data lontana vennero comprate in quantità industriali, al punto da dare il nome all’avvenimento), domani, alle 21, ai Giardini Pubblici, non mancheranno nello spettacolo che il Collettivo Terzo Teatro ha prodotto per l’occasione: uno spettacolo a leggio, su testo del giornalista del Piccolo e scrittore Roberto Covaz, che all’argomento ha anche dedicato un libro. Si esibiranno gli attori Enrico Cavallero, Pierluca Famularo e Mariella Cembram, ma l’appuntamento, organizzato dal Gect in collaborazione con il “Team GO! 2025” e il “Goriški muzej”, vede anche la partecipazione del fisarmonicista Carlo Moser; la regia si deve invece a Mauro Fontanini. L’ingresso è gratuito e i posti a sedere sono ottanta.



La vicenda muove da una storia d’amore, un amore diviso dal confine, e ciò permette all’autore di raccontare il difficile contesto del territorio, in quell'epoca. Molti goriziani, infatti, dal settembre del ‘47, quando il confine venne istituito, persero il contatto con parenti e amici rimasti nell’allora Jugoslavia, ma il 6 settembre 1950 si diffuse la notizia della possibilità, per i residenti di entrambi i Paesi, di incontrarsi alla Casa Rossa. In pochi colsero l’occasione, che, tuttavia, venne ripetuta la domenica seguente con una lunga schiera di goriziani che non si fermarono comunque al valico di frontiera, preferendo addentrarsi in quella che era pur sempre rimasta la propria città. Il 9 maggio di quell’anno, si era tenuta a Parigi la cosiddetta “Dichiarazione Schuman”, considerata il punto di partenza del processo di integrazione europea. Della libera circolazione delle persone e delle merci, la domenica delle scope ha quindi costituito una chiara anticipazione.

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Sempre collegata all’avvenimento, per domani, alle 19, è in programma anche un’altra iniziativa: davanti al museo del Contrabbando “Na Šverc!”, al valico del Rafut, David Kožuh e Rok Bavcar (del Goriški muzej) oltre a Nadja Velušcek (regista, che da bambina ha preso parte alla domenica delle scope) rievocheranno quel 13 agosto 1950 moderati dalla giornalista Vesna Humar: “La domenica delle scope, 70 anni dopo” è il titolo dell’appuntamento. —

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