A Gorizia ha riaperto il valico di via San Gabriele tra controlli serrati e false speranze

La presenza degli agenti ha riportato le lancette a prima del 2007. Tra i cittadini confusione sui motivi che consentono l’espatrio 
Bumbaca Gorizia 09.05.2020 Riaperto valico S. Gabriele @Pierluigi Bumbaca fotografo
Bumbaca Gorizia 09.05.2020 Riaperto valico S. Gabriele @Pierluigi Bumbaca fotografo

GORIZIA Un viaggio indietro nel tempo. Ieri la riapertura del valico urbano di via del San Gabriele è stata una sorta di déjà vù; è stato come se il nastro della storia di Gorizia e di Nova Gorica si fosse riavvolto, portando tutti a prima del maggio 2007, a quando c’erano ancora i controlli alla frontiera: da questa parte la polizia italiana, dall’altra quella slovena. Nessun passaporto o lasciapassare però: da dichiarare c’era solo il motivo del viaggio, da accompagnare con una certificazione. E proprio qui sono iniziati i problemi perché la spinta politica che ha raccolto in tempi rapidi le richieste di una pronta riunione dei due territori, ha finito con lo scontrarsi con la componente tecnica e pratica.



Nella sostanza, non è stato chiaro chi poteva attraversare il confine oltre a quanti già potevano farlo prima (come i lavoratori transfrontalieri e i proprietari di terreni agricoli). Qualcuno ha pensato a un “liberi tutti” e ha provato ad andare “di là” per i motivi più svariati: da quelli più classici (pieno di benzina, acquisto di sigarette), a quelli più sociali (bere una birra o un cappuccino), fino a quelli sanitari (farmacista) e sportivi (giro in bicicletta). Tutti sono stati rinviati al mittente. Rimaneva poi però una zona grigia quella della visita ai parenti, indicati come “famigliari stretti”.

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Come era successo per i “congiunti” del premier Giuseppe Conte – anche se in forma più contenuta – pure qui si è aperto un mondo di interpretazioni; interpretazioni a cui si è però tagliata la testa al toro con il limite della quarantena fiduciaria al rientro in Italia. Perché chi fosse andato a trovare genitori, figli, nipoti o zii in Slovenia, al suo ritorno avrebbe dovuto (e dovrà) segnalare all’Azienda sanitaria il suo rientro dall’estero e autoconfinarsi due settimane in casa. Tanto è bastato a fare desistere più di qualcuno. A questo si deve poi aggiungere il capitolo della famigerata certificazione per il transito “rilasciata dalla comunità locale”. Chi è la comunità locale? Il Comune di Gorizia o quello di Nova Gorica? La Regione? L’azienda sanitaria? L’indeterminatezza aiuta l’interpretazione, ma alimenta anche il caos. Probabilmente il riferimento è la certificazione scaricabile dal sito del comune di Nova Gorica (documento che però è in sloveno), ma questo non è specificato sul cartello affisso sul confine.

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Se la buona volontà delle autorità centrali di Lubiana deve essere riconosciuto, bisogna anche riconoscere che la prima mattinata si è scontrata con la realtà. Probabilmente la scelta del sabato per la riapertura è stata dettata proprio dall’idea che il giorno non lavorativo avrebbe permesso alla macchina di rodare. In questo modo le autorità hanno potuto registrare i punti critici e le smussature da limare in vista della giornata di domani, quando il traffico dei lavoratori frontalieri sarà più sostenuto rispetto a ieri.

Di certo entro la settimana arriveranno delle nuove direttive e probabilmente, considerata le situazione confortante del Friuli Venezia Giulia e della Slovenia in tema di contagi da coronavirus, potrebbero esserci degli ulteriori alleggerimenti.

Intanto rimane che con l’apertura dalle 6 alle 21 del valico di via del San Gabriele le due città sono di nuovo parzialmente unite e questa, per gli abitanti di Gorizia e Nova Gorica, rappresenta comunque una buona notizia: rappresenta un piccolo passo in avanti verso la normalità e poco importa se i controlli riportano alla mente il periodo pre-Schengen. —

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