«A Gorizia è emergenza, 30 profughi dormono all’addiaccio»
Un flusso incessante, continuo. «In queste due settimane sia il Campo Francesco che il Nazareno non hanno potuto accogliere almeno 30 persone che quindi dormono in strada o come già evidente dai segni lasciati, in riva all’Isonzo».
A lanciare l’allarme è Ilaria Cecot, assessore provinciale al Welfare. Che incalza: «A due settimane dall’apertura della tendopoli pare abbastanza evidente che non ci si è ancora resi conto che l’immigrazione è un fenomeno strutturale. Non ci si è ancora resi conto che Iraq, Ucraina, Nigeria, Siria sono in guerra e non si è ancora compreso che i talebani in Pakistan ed Afghanistan sono un fenomeno reale e non narrativa.
Che cosa significa “strutturale”? Significa che è una condizione con cui dobbiamo fare i conti: le persone che fuggono dalla guerra o che vengono perseguitate hanno diritto di chiedere asilo e, piaccia o non piaccia, a Gorizia c’è una delle due commissioni competenti per il Nord Italia. Poche, è vero ma intanto così è e dobbiamo farcene una ragione, quindi va strutturato un sistema di accoglienza dignitoso e flessibile, capace di soddisfare le esigenze di assistenza, che ricordo è prevista per legge ed deve essere immediata»
Cecot mette in guardia dal fatto che l’attenzione di tutti si sia concentrata sulla tendopoli e sul suo smantellamento «ma attenzione: non è certamente con la chiusura di questa struttura che il problema sarà risolto, tornerà semplicemente ad essere meno visibile sulle sponde dell’Isonzo. Nel mese di luglio sono arrivati 80 asilanti, nel mese di agosto e nella prima settimana di settembre 110. Solo un folle può pensare che in questi 15 giorni non sia arrivato nessuno. La non-accoglienza di queste persone porterà inevitabilemente al ripetersi delle incresciose situazioni già vissute, ovvero alla mancanza di controlli sanitari e soprattutto all’increscioso episodio di abbandono di ben tre minori non accompagnati di 15, 16 e 17 anni in una baracca costruita sull’alveo di un fiume».
L’assessore provinciale torna sulla denuncia fatta ai carabinieri per presunti abusi sessuali a un pakistano. «È stato un atto dovuto. Nessuna caccia al mostro ma era doveroso denunciare l’accaduto, ricordandoci altresì che a monte di questo ignobile episodio c’è stata una mancanza da parte dello Stato, che è venuto meno non solo alla disciplina da applicare per le richieste di asilo ma anche alla Convenzione di New York (1989) che declina chiaramente i diritti del fanciullo. La magistratura ora farà il suo lavoro e se mai si arrivasse al processo, da parte mia partirà la richiesta immediata ad Unicef Italia di costituirsi parte civile».
«Molti non sanno che il fenomeno della prostituzione e del suo sfruttamento è da sempre legato all’immigrazione anche nella nostra provincia. Al Cara di Gradisca le donne venivano prelevate fuori dal portone e portate ad Udine a prostituirsi. Questi episodi di sfruttamento di chi è in una condizione di bisogno non devono accadere e solo una gestione attenta ed organizzata dell’accoglienza può evitare queste situazioni inqualificabili!», conclude Cecot.
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