A giugno Slovenia al voto e spunta il “jolly” Šarec

L’ex avversario di Pahor alle presidenziali vola nei sondaggi al secondo posto I delusi di destra e sinistra puntano su di lui anche se l’uomo da battere è Janša

LUBIANA. Se tutti, o quasi, in Europa puntano a diventare i nuovi Macron per il proprio Paese, lui di ottenere quella prestigiosa nomea non gli interessa affatto. Non fosse altro per la sua storia personale. Non ha certo frequentato un Ecole national d’aministration, anzi lui di scuole ne ha frequentate sì, ma di falegnameria, per poi diventare un giornalista e un comico della Tv famoso per e sue imitazioni di quei uomini politici sloveni cui oggi punta a succedere nelle responsabilità.

È Marjan Šarec, 32 anni, sindaco di Kamnik, il quale dopo essere uscito con l’onore delle armi al ballottaggio per le presidenziali vinte da Borut Pahor ora si presenterà con una lista alle politiche slovene del giugno di quest’anno.

E fin qui nulla di nuovo se si pensa che nelle ultime legislature in Slovenia c’è sempre stato l’apparire di un nuovo soggetto politico che poi ha vinto le elezioni, vedi Nova Slovenija dell’attuale sindaco di Lubiana Zoran Janković o la lista per Miro Cerar (Smc) il cui leader è l’omonimo attuale premier. E Šarec non ne è da meno. I sondaggi lo danno in altalena tra il più votato e il secondo. È il secondo politico più amato del Paese (primeggia sempre il presidente Pahor), ma per un’incollatura. Comunque il suo partito sarà un soggetto importante nel Paese. Non sarà un partito dei sindaci (niente confluenza di Janković o del sindaco di Capodistria Boris Popović) ma, come dice lo stesso Šarec che si fa fotografare mentre scende da un trattore, sarà dalla parte del Paese «che deve diventare più operativo».

«Non promettiamo l’impossibile, ma faremo tutto il possibile perché in Slovenia si viva meglio». Lui parla con la gente, lui è la gente e quella gente lo ripaga col consenso, oramai stanca e infastidita dei partiti tradizionali.

Partiti tradizionali che vanno dal populismo nazionalista della Sds di Janez Janša (destra) all’ex comunismo dei socialdemocratici (Sd), dal cattolicesimo conservatore di Nsi al comunismo di Levica fino alla tutela dei pensionati di Desus. Questi si batteranno per il superamento dello sbarramento al 4% per entrare in Parlamento. Tutto il resto sono briciole.

Nel 2017 a guidare i sondaggi è stato sempre il Partito democratico di Janša che nel gennaio di quest’anno ha confermato leadership con il 15,8%, seguito dall’enfant prodige Šarec al 12,9%, terzi i socialdemocratici al 12,1%. Solo quarto posto con l’8% il partito del premier (Smc), quinta Nuova Slovenia (Nsi) che di recente ha visto un avvicendamento al vertice con il giovane e rampante Matej Tonin che ha preso il posto della “storica” Ljudmila Novak e sesto il Partito dei pensionati (Desus) del vicepremier e ministro degli Esteri Karl Erjavec con il 4,8%, stesso risultato della Sinistra (Levica). Certo i sondaggi lasciano il tempo che trovano, ma la storia recente insegna che in Slovenia ci hanno quasi sempre azzeccato.

Se scricchiola il partito del premier, bisogna dire che neanche la coalizione di governo gode di ottima salute se solo ieri mattina due partner importanti quali i socialdemocratici e i pensionati hanno dichiarato che la stessa «esiste solo sulla carta» lasciando trapelare una sorta di rassegnazione visto la fase conclusiva della legislatura. Premier che ha deciso di farsi “psicoanalizzare” dal suo partito in un congresso che si terrà il 10 marzo nel quale chiederà la fiducia come leader. Certo i numeri dei sondaggi non sono un buon viatico, ma è certo che se la Smc dovesse sfiduciare Cerar sfiducerebbe se stessa e si scioglierebbe come neve al sole.

Intanto Šarec convoglia sul suo partito di cui ancora non si sa nemmeno il nome, la fiducia degli sfiduciati di Smc, ma anche della Sds recentemente colpita dallo scandalo dei finanziamento che giungevano dalla Bosnia (Republika srpska) sotto la veste di prestiti agevolati. Anzi, agevolatissimi. Scandalo che si vedrà nei prossimi giorni se nuocerà o meno al suo leader che, nel frattempo “amoreggia” con tutti i nazional-populismi di destra d’Europa.

 

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