A Cargnacco la resa degli onori a 12 Caduti rimpatriati dalla Russia

Sono stati individuati e recuperati in fosse comuni a Kirov, centinaia di chilometri a Nordest di Mosca

Trovati in Russia i corpi di 12 soldati italiani: partiti nel 1941, tornano ora in Italia

CARGNACCO A ogni tocco a ritmo lento della grancassa segue un rullo di tamburo, breve e quasi “soffocato”: le note sono scarne ma la suggestione è autentica. Da un angolo della chiesa iniziano a svoltare e appaiono i dodici militari che portano ognuno un’urna ricoperta del Tricolore che custodisce i resti di un Caduto della Campagna di Russia. A passo cadenzato svoltano ancora ed entrano nel Tempio della Madonna del Conforto, a Cargnacco (Udine), dedicato appunto ai militari scomparsi in quella infausta campagna della Seconda guerra mondiale.



Alla resa degli onori di un picchetto interforze segue la funzione religiosa, officiata dall’ordinario militare d’Italia generale di corpo d’armata Santo Marcianò, accompagnato da uno stuolo di cappellani.

La fossa comune di Kirov restituisce i corpi di dodici soldati italiani - Foto e video


Poi le preghiere, l’omelia, i discorsi, i Tricolori e i labari alzati in segno di rispetto, la consegna delle urne in una chiesa dalle pareti decorate con quadri e mosaici che parlano di morte, cameratismo, eroismo, sofferenze che alle generazioni più giovani sembrano in gran parte addirittura impossibili ma delle quali i ghigni e le posture dei soldati immortalati sui muri danno grave quanto reale contezza. Una chiesa ancora una volta piena: di autorità istituzionali, sì, ma di familiari, discendenti di quei militari ma anche di volontari e iscritti alle associazioni d’arma. È forse questo aspetto a essere stato rilevato dai sempre più numerosi politici presenti a Cargnacco seguendo la “capofila” regionale Raffaella Marin, la senatrice leghista che ha sempre manifestato la vicinanza alle Forze armate e al mondo dell’associazionismo.

«Portarne a casa uno solo giustifica tutto l’impegno»


Questa volta al Tempio udinese la cerimonia è per dodici connazionali, di cui solo due noti, individuati tra gli oltre 1.600 militari di varie nazionalità trovati in fosse comuni nei pressi di Kirov, centinaia di chilometri a Nord Est di Mosca, verso gli Urali, lungo la ferrovia transiberiana. Sono stati recuperati e rimpatriati nel dicembre 2018 a cura del Commissariato generale per le Onoranze ai Caduti in guerra, retto dal generale di divisione Alessandro Veltri, e poi trasferiti per la definitiva inumazione a Cargnacco. La loro individuazione risale al giugno 2015, quando uno speleologo comunicò l’avvenuto ritrovamento vicino Kirov. Da allora il Commissariato generale, con la preziosa collaborazione delle autorità diplomatiche italiane a Mosca e di volontari italiani e stranieri, è stato impegnato in una serie di operazioni di esumazione, identificazione, conservazione, trasporto e relazioni internazionali e con le famiglie fino alla giornata udinese di ieri.

Caduti in Russia, già oltre 200 le richieste
Volontari russi al lavoro l’estate scorsa nella fossa comune di Kirov


A Kirov la sepoltura collettiva era situata nei pressi della stazione della ferrovia utilizzata per il trasferimento dei prigionieri (tedeschi, italiani, ungheresi, polacchi, rumeni) destinati ai campi nel Nord della Russia. Durante la sosta dei treni i corpi dei deceduti durante il viaggio venivano abbandonati a ridosso dei binari. La popolazione locale provvedeva spontaneamente a dare loro rapida e pietosa sepoltura, in varie fosse comuni contigue. I lavori di scavo hanno consentito il recupero di 1.657 Caduti (circa 1.083 nel 2017 e circa 574 nel 2018).

«A Kirov scaviamo in cinque fosse»
Uno dei ricercatori al lavoro a Kirov

Tra questi è stato possibile individuare i dodici italiani grazie al rinvenimento di capi di vestiario e brandelli di uniformi di foggia italiana (come ad esempio stivali o scarponi da combattimento, che meglio resistono all’azione disgregatrice del tempo), dei distintivi dei reparti di oggetti personali di fattura italiana. Per due di essi, appunto, è stato anche possibile ricollegare la piastrina identificativa personale, permettendo il loro certo riconoscimento. —


 

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