A 92 anni fa volontariato al Centro di Aiuto alla vita e dà una mano alla Caritas
Elogio alla suocera. Non è passata inosservata la segnalazione pubblicata nei giorni scorsi su questo giornale. La lettera, scritta dal genero professor Raffaello Maggian, ci fa fatto conoscere una donna la cui storia si è intrecciata con le vicende politiche e sociali di Trieste e della Croazia. E per un periodo anche dell’Argentina. Thea Lampè Murkovic ha compiuto 92 anni il 24 gennaio scorso. Ma questa dell’età è una questione solo anagrafica, secondaria. Vedendola, parlandone assieme, conoscendola anche un poco ci si accorge che per lei gli anni sono una variabile indipendente. Continua cioè a fare quello che ha fatto per oltre mezzo secolo. Con la stessa forza e la stessa volontà.
Thea, è nata a Mali Rat, comune di Jesenice in Dalmazia nel 1922, figlia unica di Ivka Petric e di Giuseppe Lampè. Il padre, nato nel 1898 a San Dorligo della Valle, dopo aver frequentato le scuole a Trieste, a 19 anni si trasferisce in Dalmazia per lavoro, dove conosce e sposa Ivka. Per una serie di circostanze nel 1928 la famiglia va ad abitare a Zagabria dove i genitori gestiscono per anni un negozio di oreficeria in centro città. La permanenza in Croazia, dopo un’infanzia e un’adolescenza trascorse in serenità, negli ultimi anni non è stata né facile né tranquilla, anche se coronata da una storia d’amore che ha portato Thea all’età di 22 anni a sposare Ivan Saban. Dalla loro unione è nato Borna, morto a 8 mesi per carenza di cure dovute alla guerra in corso. E poco dopo è morto in guerra anche il marito. E lei aveva 23 anni. «Nel 1945 - ricorda Thea - nel giro di un mese ho perso il figlio, il marito, la casa che i miei genitori sono stati costretti a cedere e sono tornata a Trieste ospite di alcuni parenti di mio papà». Qui ha conosciuto nel 1946 il secondo marito, Nikola Murkovic, un avvocato di sette anni più anziano, con il quale ha avuto un matrimonio felice durato 50 anni. Nel 1947 è nata la prima figlia, Ada.
La situazione sociale ed economica di allora nel capoluogo giuliano era difficile per tutti. Da qui l’idea di emigrare a Buenos Aires, nell’Argentina di Peron. «Abbiamo cominciato da zero - aggiunge Thea - ci hanno aiutato i testimoni di matrimonio che già erano lì. Avevamo solo due letti, ma tanta voglia di ricominciare. Mio marito ha cominciato a lavorare in fabbrica, poi come contabile alla “Hoffmann-La Roche”, io ho avviato dal nulla un negozio di vestiario e un po’ alla volta ci siamo sistemati, costruendoci una casa. In Argentina ci siamo rimasti 15 anni». Poi il ritorno a Trieste nel 1963, richiamati dai suoi genitori che li volevano accanto: «Mi ricordo che arrivammo a Trieste in pieno inverno, con la bora che soffiava forte e con sei gradi sotto zero. Ma felici di essere tornati a casa. Abbiamo venduto la casa e due negozi che avevamo a Buenos Aires, ma a causa della forte inflazione argentina siamo riusciti a realizzare molto poco».
Nel frattempo in Argentina la famiglia di era allargata. Dopo Ada, erano nati Josko, Thea, Damir, Nicolas e Jadran. L’ultimo, Thomas è nato a Trieste nel 1965. Il marito, dopo alcuni iniziali difficoltà, avvia un’attività commerciale di import-export con i paesi limitrofi.
«Sono contenta di quello che ho avuto in quegli anni, ci sono state cose belle e cose meno buone che ho superato, grazie a Dio». La vicinanza alla sofferenza non si è fermata a quel freddo inverno del 1963. Anzi si è fatta ancora più intensa la “vocazione” a essere presente dove c’era bisogno di aiuto, e in quegli anni a Trieste (come oggi d’altronde) non mancavano le occasioni, ha spinto Thea a essere sempre pronta. Una disponibilità che continua anche oggi.
«In quel tempo - ricorda - aiutavamo le famiglie che si trovavano in difficoltà o con il marito in carcere. Accoglievamo in casa i loro bambini che giocavano con i nostri. Oppure durante le vacanze portavamo con noi qualche bimbo dell’orfanotrofio». Determinante è stato l’incontro con padre Aurelio Andreoli, un gesuita ancora oggi ricordato in città per avere fondato il Centro culturale Veritas, nel cui ambito operava il Centro azione umana (Cau), orientato alla solidarietà verso le persone bisognose e in difficoltà. Thea ha iniziato a farvi parte negli anni Settanta. «Qui ho incontrato tante persone ricche di umanità che hanno dato a me e alla mia famiglia la loro generosa e disinteressata amicizia».
Da una trentina di anni è impegnata nel Centro di Aiuto alla vita, dove ha conosciuto Marisa Madieri, moglie (deceduta) di Claudio Magris, «donna di grande cuore», della quale è diventata amica.
«Aiutiamo ragazze incinte o con bimbi piccoli - sottolinea -. Alle prime diamo tutta l’assistenza che ci chiedono, mettiamo a disposizione la nostra disponibilità. Poi sono loro a decidere cosa fare. Alle altre forniamo pannolini, lenzuola, latte in polvere, vettovaglie o quant’altro. Non chiediamo a quale religione appartengono e neppure da dove vengono. Per noi sono tutte uguali. In passato c’erano più ragazze italiane, oggi invece sono per la maggior parte straniere».
Ecco a 92 anni è ancora lì, impegnata in raccolte per la Caritas e presente al Centro di aiuto alla vita. «Oggi però non tutti i giorni - aggiunge - ormai l’età è quella che è. Ma sono contenta di farlo ancora». Thea conosce cinque lingue: oltre all’italiano, il francese, il tedesco, lo spagnolo e il croato, «l’inglese lo capisco ma non lo parlo».
Thea vive in una casa a Servola, con la presenza sempre di figli e nipoti che abitano vicino. Ama il teatro, i concerti e il cinema: «Non film violenti, mi sono piaciuti Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord». In televisione, grazie all’antenna parabolica, si informa su tutto quanto avviene nel mondo. La sua giornata, quando è a casa, ha orari e programmi ben precisi. Alle 6.15 l’edicolante le porta il Piccolo che legge subito e poi le faccende di casa. Legge molte riviste e libri sia italiani che stranieri e scrive ogni giorno una frase in italiano e la traduce in qualche lingua straniera, fa le parole crociate crittografate e prepara per i compleanni e le ricorrenze torte, biscotti e altri dolci, ispirandosi a ricette dei vari paesi nei quali è vissuta. La sua casa sembra un piccolo museo di ricordi, il suo archivio fotografico racconta la storia della sua famiglia degli ultimi 70 anni.
Ha però un desiderio: «Leggo sul Piccolo che tanti ricordano i 50 anni di matrimonio. Perchè l’amministrazione comunale non organizza una festa ogni anno per chi arriva a quel traguardo? Sarebbe un omaggio all’amore e al matrimonio in un tempo in cui le famiglie si sfaldano facilmente».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo