Migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi importati da Slovenia, Germania e Italia: 13 arresti in Croazia
L’obiettivo dei criminali era quello di far arrivare in Croazia rifiuti pericolosi spacciandoli per «plastica riciclabile». I profitti illeciti dal business dei rifiuti avrebbero superato i quattro milioni di euro

Più di 30mila tonnellate di rifiuti sanitari e di altri scarti pericolosi, importati dall’estero ma anche di produzione locale e stoccati illegalmente, che avvelenano aria e suolo. Il tutto, solo per la brama di illeciti guadagni.
Sono i contorni di un business criminale scoperto in Croazia, dove tredici persone sono state arrestate nell’ambito di un’operazione internazionale di polizia, coordinata da Europol, l’Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto al crimine organizzato.
I tredici, ha specificato Europol, sono sospettati di far parte di una «rete criminale» specializzata in «reati ambientali». Rete le cui “menti”, ha aggiunto l’Agenzia, sarebbero «due cittadini croati», sospettati di aver pianificato «l’importazione illegale di rifiuti pericolosi» nel Paese Ue. Da dove? Da Slovenia, Germania, ma anche e soprattutto dall’Italia.
Il business illegale era collaudato: i sospettati, infatti, avevano creato, sopra una «infrastruttura di commerci legali», una sottostruttura che veniva usata per «il traffico illegale di rifiuti» dall’estero, «in particolare dall’Italia, verso la Croazia», utilizzando anche aziende di trasporto e altre imprese legittime, ma in questo caso di copertura.
L’obiettivo dei criminali era quello di far arrivare in Croazia – come poi accaduto – migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi, 35mila nel caso noto, spacciandoli per «plastica riciclabile». Ma la rete non disdegnava di ricevere e «sotterrare anche rifiuti sanitari da aziende croate».
Il guadagno, rilevante: secondo le stime di Europol, infatti, i profitti illeciti dal business dei rifiuti avrebbero superato i quattro milioni di euro. Europol non ha fornito ulteriori dettagli sul caso, ma la Tv pubblica croata ha suggerito che i sospettati avessero utilizzato tre discariche illegali «nell’area di Benkovac, Varazdin e Gospic» per il business illegale.
Fra i siti utilizzati, ci sarebbe anche l’area degli ex silos del complesso industriale Ppk Velebit, a Gospic. «Sono inorridito da queste informazioni e ringrazio l’Uskok», l’Agenzia croata contro crimine organizzato e corruzione «e il Ministero degli Interni per aver avviato un'indagine al fine di prevenire l'ulteriore smaltimento di rifiuti pericolosi nell'area di Gospic», il commento del governatore dell’area, Ernest Petry.
«Insisto affinché tutte le istituzioni statali identifichino i responsabili, li perseguano penalmente e facciano completa chiarezza su questa vicenda», ha aggiunto Petry, che ha definito un «ecocidio» il business illegale scoperto in Croazia.
Business dei rifiuti illegali che, secondo stime di esperti, produce un giro d’affari di almeno dodici miliardi di dollari all’anno ed è considerato un settore criminale «ad alto profitto e basso rischio», si legge su studi dell’agenzia Onu Unodc.
Anche Europol ha confermato, parlando di un business, quello dei rifiuti illegali, che permette a «reti criminali di fare grandi profitti con un rischio relativamente basso», ma con danni enormi, «spesso irreparabili» all’ambiente. Senza dimenticare che crimini di questo tipo nella gran parte dei casi vanno «a braccetto con crimini finanziari come riciclaggio di denaro sporco o corruzione» e soprattutto «falsificazione di documenti».
È quanto sarebbe accaduto anche nel caso che riguarda la Croazia, con la rete criminale che, secondo Europol, vinceva appalti in Italia offrendo prezzi inferiori alla concorrenza. Una volta ottenuto il contratto, trasportava i rifiuti in Croazia senza sottoporli al trattamento obbligatorio, aggirando il necessario consenso del Paese di destinazione con documenti falsificati che dichiaravano i rifiuti destinati al riciclo. E smaltiva illegalmente rifiuti sanitari e pericolosi senza trattamento.
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