I serbi di Bosnia in festa: condanne dall’Ue agli Usa

Come ogni anno le celebrazioni della Republika Srpska per la Giornata nazionale. Il governo del Paese balcanico: «Incostituzionale». E Dodik rilancia la secessione

Stefano Giantin
Membri delle forze speciali di polizia della Republika Srpska schierati, ieri, prima della parata di celebrazione della Giornata nazionale
Membri delle forze speciali di polizia della Republika Srpska schierati, ieri, prima della parata di celebrazione della Giornata nazionale

Una festa molto sentita, ma solo da una parte della nazione balcanica, mentre l’altra la rigetta. Anche perché più volte dichiarata incostituzionale. Viene comunque celebrata in pompa magna ogni anno, in segno di sfida e a riprova di quanto il Paese rimanga pericolosamente instabile e lacerato, sotto lo sguardo preoccupato delle grandi potenze occidentali.

È lo scenario osservato  in Bosnia-Erzegovina dove, come ogni anno, nell’entità politica dei serbo-bosniaci si è celebrata – tra allarmanti discorsi pubblici, ospiti scomodi e sfilate delle forze dell’ordine – la cosiddetta “Giornata nazionale” della Republika Srpska (Rs). Di cosa si tratta? Di una festa nazionale, almeno per i serbi di Bosnia, che ricordano ogni 9 gennaio la proclamazione della loro “Repubblica serba”, mossa decisa nel 1992 come contraltare alla corsa all’indipendenza della Bosnia-Erzegovina dall’allora Jugoslavia, una delle tante micce della sanguinosa guerra fratricida.

Ma il “Dan Republike Srpske” è al contempo anche una festa illegale, dichiarata contraria alla Costituzione nel 2015 e poi ancora nel 2019, con la Consulta di Sarajevo che ha messo nero su bianco che la Giornata discriminerebbe i cittadini di etnia non serba, ossia i bosgnacchi musulmani, i croati cattolici e i rappresentanti di altre minoranze, residenti appunto in Republika Srpska.

Ciò non ha impedito, anche ieri, le cerimonie, momento di orgoglio nazionalistico e allo stesso tempo provocazione contro le istituzioni centrali bosniache e l’integrità territoriale del Paese. Provocazioni contenute anche nel messaggio del presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik, propugnatore a intervalli regolari dell’idea della secessione della Rs, che ieri si è spinto persino a minacciare il boicottaggio del già accidentato percorso d’adesione alla Ue.

Questo perché Bruxelles sarebbe schierata «a favore dei musulmani» e «se la Bosnia-Erzegovina dovesse entrare nella Ue ciò significherebbe la fine della Republika Srpska e finché sarò io alla guida di tale entità ciò non avverrà», la solenne promessa in tv. Dodik ha poi ribadito che la Festa di ieri «celebra sovranità, identità e tradizione» della Rs, che, malgrado tutto, conserverebbe un controverso ed esplosivo obiettivo. La sua «sacra missione» rimane infatti quella «di uscire dalla Bosnia», ha chiosato Dodik.

Ma non ci sono state solo queste affermazioni controverse a far saltare i nervi a Sarajevo. Oltre agli auguri di Aleksandar Vučić – «la Serbia continuerà a stare al vostro fianco», il succo del suo messaggio – a irritare è stata la presenza ai festeggiamenti del premier serbo Miloš Vučević e della presidentessa del Parlamento di Belgrado, Ana Brnabić.

Si tratta di un fatto grave, che ha spinto il ministro degli Esteri bosniaco, Elmedin Konakovic, a inviare addirittura una nota di protesta a Belgrado. E a poco sono serviti così, anche quest’anno, gli inviti alla moderazione e le condanne dell’Occidente. I festeggiamenti non favoriscono l’integrazione del Paese, ha stigmatizzato l’Alto rappresentante, Christian Schmidt.

La Giornata «non è compatibile» con la Costituzione bosniaca, il biasimo della Ue, che ha ribadito che nuove «divisioni» sono pericolose, mentre pure l’Osce è stata estremamente critica. La più dura, Washington. Che ha fatto appello alla giustizia di Sarajevo affinché «agisca con decisione per investigare ogni potenziale violazione» della legge. —

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