Un mega-consorzio per produrre armi: la Slovenia si muove
Al tavolo una holding, un’impresa di Lubiana e il colosso tedesco Rheinmetal

Riarmo, la parola chiave di questi tempi irrequieti in un’Europa che si sente “abbandonata” dallo storico alleato americano. E la Slovenia non sembra far eccezione. Slovenia dove si starebbe andando a passo spedito verso la creazione di un conglomerato nazionale per la produzione di sistemi di armamento, con la partecipazione diretta dello Stato oltre che di colossi stranieri dell’industria bellica.

Creazione, ha sintetizzato l’agenzia di stampa slovena Sta, che vedrebbe come attore principale la cosiddetta Slovenian Sovereign Holding (Ssh), affiancata dall’impresa slovena Valhalla Turrets e dal colosso tedesco Rheinmetall, da coinvolgere nel progetto di creazione di un «produttore di sistemi di armamento in Slovenia».
Ma chi sono, i tre protagonisti dell’avventura? La Slovenian Sovereign Holding è un colosso pubblico sloveno, un vero gigante che «possiede il più grande portafoglio di asset pubblici e controlla gli interessi della proprietà statale in più di 50 aziende», si legge sul sito ufficiale della Ssh, presente in una miriade di comparti, dall’energia alla finanza, fino alle infrastrutture e al turismo, senza dimenticare l’impegno nel processo di privatizzazione e denazionalizzazione.

Il gigante Rheinmetall è, invece, sinonimo di armi “made in Germany”. Parliamo infatti del maggior produttore dell’industria bellica tedesca e del quinto a livello mondiale, con vendite per oltre sette miliardi di euro nell’anno fiscale 2023 e più di 30 mila dipendenti. La Valhalla Turrets, infine, è un nome meno conosciuto, ma si tratta di un’azienda all’avanguardia con quartier generale a Lubiana, «specializzata nello sviluppo di sistemi di arma di nuova generazione a controllo remoto», nata solo nel 2019 ma dallo sviluppo estremamente rapido, in particolare dal 2022 a questa parte. Ed è stato proprio il direttore di Valhalla Turrets, Miloš Milosavljević, a confermare durante lo show “Tarca”, trasmesso dalla Tv pubblica slovena, che sono già in corso discussioni tra le tre imprese per la nascita di quella che Milosavljević ha anticipato sarà la «più grande azienda» nel comparto difesa in Slovenia.
Così grande – e così impegnativo il progetto – che è inevitabile pensare a un forte intervento dello Stato e «saremmo assai felici se la Slovenia decidesse», attraverso la Slovenian Sovereign Holding, «di aderire all’iniziativa», anche perché una mossa del genere «darebbe al progetto grande credibilità», ha specificato Milosavljević, ribadendo allo stesso tempo l’essenzialità dell’impegno pubblico per concretizzare l’idea. Impegno che si starebbe già manifestando, anche se dietro le quinte.
Lo avvalorerebbe, sempre secondo l’agenzia di stampa slovena, il “trasferimento” a inizio 2025 di Damir Črnčec, passato dalla poltrona di segretario di Stato con responsabilità per gli equipaggiamenti militari presso il ministero della Difesa a un ruolo nella Ssh. Črnčec se ne va per «lavorare a un progetto che è importante per il Paese», aveva svelato una fonte anonima governativa ai media locali.
E il tema è caldo, anche dal punto di vista politico. La leadership di Nuova Slovenia (NSi, opposizione), ha informato sempre la Sta, si è detta critica per il possibile ruolo di Črnčec nell’affare – dato che si tratta di una figura con esperienze apicali anche nei servizi, in passato vicinissimo a Janša, prima che dissidi laceranti li allontanassero.
Criptico è stato invece l’attuale titolare del dicastero della Difesa, Borut Sajovic, che si è limitato ad assicurare che Lubiana «investe nell’industria slovena della difesa e continueremo a farlo», precisando poi che il comparto occupa già ora 5 mila persone, in 78 imprese. Trasparenza sul possibile investimento pubblico è stata chiesta invece dai Socialdemocratici (al governo), mentre parte di Levica, sempre parte della maggioranza, si è espressa contro un aumento delle spese per la difesa.
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