La lotta al granchio blu passa per i ristoranti: un progetto italo-croato lo promuove in cucina

Il programma europeo da due milioni per aumentare la pesca della specie e convincere i locali a proporlo sempre più spesso sulle proprie tavole

Andrea Marsanich
Il granchio blu
Il granchio blu

Trasformare il problema in un’opportunità. È l’auspicio dei biologi marini croati relativo al granchio blu (Callinectes sapidus), specie invasiva che da vent’anni sta colonizzando le acque del versante orientale dell’Adriatico.

Nel tentativo di ridurne l’impatto ambientale negativo – a farne le spese sono pesci, crostacei e molluschi autoctoni – il granchio blu è al centro del progetto italo-croato BlueDiversity (Interreg), del valore di 2 milioni di euro, mezzi stanziati dall’Unione europea. Il progetto, fine prevista ad agosto 2026, punta a fare del crostaceo un’occasione di sviluppo economico, in grado di arricchire l’offerta nei ristoranti in quanto si è di fronte ad una creatura marina dalle carni molto buone, per taluni anche superiori alle carni di aragoste e astici.

in fvg
Granchio blu, in un anno triplicati gli esemplari in Fvg, reti distrutte anche in laguna
Il granchio blu, nemico dell'ecosistema

Tra le soluzioni previste da BlueDiversity, quella di aumentare il pescato senza danneggiare le altre specie e promuovere appuntamenti con i ristoratori per convincerli ad offrire un alimento che nei ristoranti statunitensi comporta esborsi pari a 20-30 dollari il chilo. La cattura, hanno detto gli esperti italiani e croati in conferenza stampa, deve poi avvenire tramite trappole ecologiche, attrezzature da pesca che rendono al minimo i rischi di catture indesiderate, affrancando dai pericoli gli altri animali marini.

Proveniente dalla parte americana dell’Atlantico grazie alle acque di zavorra delle navi e per essersi attaccato agli scafi nella navigazione verso il Mediterraneo, questo crostaceo è apparso per la prima volta nell’Adriatico orientale nel 2004, rinvenuto nella foce del fiume Narenta e nelle saline di Stagno, entrambi siti in Dalmazia.

Il mare che ribolle: l’acqua dell’Adriatico non è mai stata tanto calda
Lasorte Trieste 22/06/24 - Dalla Costiera, Mucillagini

Il progetto Interreg prevede il continuo controllo della biomassa del crostaceo e l’adozione di misure per controllare la sua diffusione. Il granchio blu, che praticamente non ha nemici naturali, si è infatti sviluppato in modo incontrollato negli ultimi anni, stabilendosi non solo sui fondali dalmati, ma anche in quelli istriani e quarnerini.

Per il momento non è soggetto a pesca intensiva in Croazia, dove l’istituto di statistica nazionale ha registrato per il 2023 (ultimo dato disponibile) la messa a pagliolo di sole 4 tonnellate. Nei centri vendita croati è oggi raramente presente (appare qualche volta al mercato centrale di Pola), mentre in Italia e Slovenia raggiunge il costo di 8-10 euro il chilo.

Sia il biologo Josip Boban dell’istituto spalatino Mare e Carso, sia il suo collega Neven Iveša della Facoltà di Scienze naturali di Pola, hanno ribadito che il granchio blu è una specie dannosa, specie per le anguille, vongole e tartufi di mare. La conclusione è che gli esperti debbono impegnarsi al massimo per promuovere la sua commercializzazione.

In Istria la specie è presente soprattutto nei luoghi dove l’acqua di mare si mescola con quella dolce, come la foce del fiume Quieto, l’insenatura di Valbandon, a breve distanza da Pola e la riserva ornitologica Palù, nei pressi di Rovigno. Ad Antenal, dove il Quieto abbraccia il mare, così Iveša, la gente pesca quotidianamente questa specie nel periodo compreso tra la primavera e l’autunno inoltrato.

Siccome non gode di alcuno status speciale, il crostaceo può venire pescato senza limitazioni. Oltre a costituire una minaccia all’ecosistema marino, questo “alieno” riesce a danneggiare in modo considerevole le reti dei pescatori essendo dotato di chele molto robuste e taglienti, il che riguarda anche il suo carapace. —

Argomenti:istriabalcani

Riproduzione riservata © Il Piccolo