Presidenziali in Croazia: 3,7 milioni di elettori chiamati alle urne, Milanović resta il favorito
Si tratta del terzo appuntamento elettorale dell’anno nel Paese. Per tutti i sondaggi a prevalere sarà ancora il Capo di Stato uscente
Sono 3,7 milioni gli elettori chiamati alle urne domenica 29 dicembre in Croazia per scegliere il nuovo presidente. Si tratta del terzo appuntamento elettorale dell’anno per il paese, dopo le legislative (ad aprile) e le europee (a giugno), e i croati vi arrivano senza molto entusiasmo.
La campagna elettorale è stata peraltro breve e sottotono (sono rari i manifesti elettorali per le vie di Zagabria), ma nonostante questo l’elezione del capo di Stato, che si prolungherà con ogni probabilità fino al ballottaggio previsto per il 12 gennaio, è di grande importanza. Degli otto candidati che si sono presentati (e tra i quali figurano sei rappresentanti della destra), il capo di Stato uscente Zoran Milanović dovrebbe, secondo i sondaggi della vigilia, essere rieletto.
Primo ministro socialdemocratico nel periodo 2011-2016, poi leader dell’opposizione, Milanović ha vinto le elezioni presidenziali del 2020 dopo aver fatto campagna elettorale con lo slogan “un presidente con carattere”. Da allora, si è guadagnato il soprannome di “Trump dei Balcani” per la sua retorica incendiaria che ha colpito tutti, dalle minoranze alle associazioni femministe, dai membri del governo agli esponenti dell’opposizione. Ha attaccato l’Ue e la Nato e in diverse occasioni si è opposto all’invio di armi in Ucraina.
Ad aprile, in occasione delle elezioni legislative, Milanović ha deciso di guidare in prima persona la coalizione di centro-sinistra, senza però dimettersi da capo di Stato, come gli era stato richiesto dalla Corte costituzionale. L’azzardo non ha pagato: il primo ministro conservatore Andrej Plenković è stato riconfermato per un terzo mandato.
Di fronte a questo presidente sulfureo che, secondo i sondaggi, dovrebbe ottenere oggi circa il 39% dei voti, il partito di destra Hdz ha scelto come candidato l’ex ministro dell’Istruzione Dragan Primorac. Meno noto al grande pubblico e decisamente meno carismatico, Primorac cerca di attrarre gli elettori di destra facendo leva sui temi cari al nazionalismo croato. Tra le altre cose, ha promesso di ostacolare il processo di adesione della Serbia all’Ue se Belgrado non presenterà un elenco completo di tutte le fosse comuni rimaste inesplorate dalla guerra degli anni Novanta. Per il momento è quotato attorno al 24% delle intenzioni di voto e, sempre secondo le analisi della vigilia, uscirebbe sconfitto in un eventuale ballottaggio con l’attuale presidente.
Due donne occupano infine il terzo e quarto posto nei sondaggi: la deputata cattolica e conservatrice Marija Selak Raspudić (10%) e la sua collega progressista e ambientalista Ivana Kekin (8%).
Circa il 10% degli elettori deciderà solamente oggi per chi votare. In Croazia, il presidente non ha poteri esecutivi, ma per molti elettori può fungere da contrappeso al capo del governo, che dal 2016 è sempre lo stesso, Andrej Plenković. Da quando è salito al potere, Plenković ha dovuto sostituire più di 30 ministri e sottosegretari di Stato a causa di scandali di corruzione. La prova, secondo l’opposizione, che il partito conservatore si mantiene al governo grazie ad una rete di nepotismo e corruzione, che va arginata in ogni modo. Zoran Milanović, però, ha violato la legge candidandosi alla legislative senza dimettersi e risulta oggi poco credibile come garante della democrazia.
«Si potrebbe dire che le istituzioni, la costituzione e la democrazia sono minacciate da entrambe le parti, dal Primo ministro e dal Presidente – commenta l’analista politico Tomislav Klauški – per cui è difficile dire quale dei due sia il più pericoloso per il Paese». Se verrà riconfermato, Milanović «si limiterà ad un ruolo passivo a livello nazionale», prevede Klauški, «ma potrebbe essere più attivo nel rallentare il governo nella sua politica di aiuti all’Ucraina e di collaborazione con la Nato». —
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